domenica 29 dicembre 2019

Ecco il solito post di fine anno...

Io sono responsabile di 
quello che dico, non di 
quello che capisci tu.

                         Massimo Troisi


Le parole sono importanti, urlava esasperato Nanni Moretti in Palombella Rossa; Esasperato più dalle parole stesse, che dall'uso improprio che l'interlocutrice ne faceva.

Le parole sono importanti, credo sia una verità assoluta.

la moderna società ci sta forzatamente obbligando a cambiare idea, spingendoci sul baratro del "tono" col quale, le parole sono pronunciate...
Che follia.
Come se dire ti amo, bisbigliandolo all'orecchio sia diverso che urlarlo dal balcone di casa, non è comunque sempre amore?
Anzi a dirla tutta, preferisco urlarlo dal balcone, dimostrando di non aver paura di esprimere il sentimento, piuttosto che bisbigliarlo, quasi fossi timoroso e insicuro di ciò che dico.
Capiamoci, ovviamente c'è il momento per urlare e quello per bisbigliare, ma se seguite i miei scritti, sapete cosa intendo.
Ma torniamo ai toni, i media sono soliti puntare sui titoloni ad effetto, poche parole mirate a solleticare la curiosità, portandoci a occuparci di notiziuccole senza senso, utili solo a spostare l'attenzione da quelli che dovrebbero essere le cose importanti.
Dovrebbero.
Il condizionale è d'obbligo, visto il graduale impoverimento cerebrale che l'umanità sta subendo.
Oggi il popolo mediatico, occupato com'è a farsi selfie, utilizzando smartphone che potrebbero far funzionare uno shuttle, poco è interessato a ciò che accade nel mondo, a meno che, non arrivi tramite notifica sul telefono stesso, poi, senza nemmeno leggere l'articolo e tramite l'applicazione, si genera un commento sagace e poco importa se non ha nulla a che vedere con la notizia in questione, l'importante è esserci, fare numero, avere like e per avere like, ti do il mio like, l'equivalente "tecnologico" del buon caro vecchio, voto di scambio...
le parole sono importanti?
Forse, ma lo sono di più le inflessioni, gli accenti, le sottolineature che la voce, quando sapientemente ammaestrata, sa conferire alle parole che produce.
In questi tempi social, non è quasi più importante cosa si dice, ma come lo si dice, ok ok, non è una novità, già quell'imbecille di Hitler aveva capito l'arte di salmodiare le folle, ma vorrei dire che 70/80 anni fa, il popolo sapeva solo quello che gli veniva detto, oggi la globalizzazione ci può aprire ogni confine e, volendolo fare, ci possiamo riempire di qualunque conoscenza mondialmente disponibile, quindi dovremmo essere moooolto più intelligenti, e con questo essere meno inclini all'ammorbamento tipico delle dittature.
Dovremmo.
Altro condizionale d'obbligo, visto che in realtà, proprio grazie ai social, una "nuova" generazione di politici, blatera inutilmente e come lo fa? Utilizzando paroloni altisonanti, con toni ammiccanti e inflessioni confortanti, riuscendo a farci digerire merdate razzistiche e razziali, ci rimpinzano come oche all'ingrasso, di proponimenti paradisiaci e mentre noi sorridiamo goduti, loro ci spennano fino a strapparci la pelle.
L'imperativo è: Esserci, apparire, farsi vedere, fare numero, muovere le masse, allargare il gregge...
Accarezzare l'agnello mentre lo si uccide.

Le parole sono importanti.
Per me si, lo sono sempre state e sempre lo saranno, non ho paura di dire quello che penso e meno ancora, di pensare a quel che dico, ascoltando tutti ma, col cervello acceso, senza farmi rabbonire da toni confortanti o inflessioni amichevoli, io ascolto le parole e se queste hanno un senso, una utilità, preferisco e sempre preferirò, un sincero, magari urlato vaffanculo, piuttosto che un ti amo falso e bisbigliato.

Saluti

P.s, vi siete accorti che il titolo del post, non c'entra niente col post stesso?

lunedì 11 novembre 2019

Verso 103

La dimensione delle cose
è assolutamente relativa,
provate a parlarne con un
pescatore...

                  Reschiglian Lorenzo



Lei/lui era l'amore della mia vita...
Questa frase è quasi sempre declinata al passato, perché?

Lei/lui, era quanto di meglio potessi avere dalla vita...
Anche questa, sempre al passato, perché?

Forse perché lei/lui erano perfetti per l'altro/l'altra ma, ma non viceversa?
Forse perché l'amore è una questione complessa non riducibile agli occhi a cuoricino o al batticuore del colpo di fulmine?
O forse perché siamo così pigri da accontentarci di quel che capita, per poi diventare ancora più pigri, una volta mollati, tanto da non aver altro che piangerci addosso?
Sappiate che piangersi addosso costa poco, meno ancora crogiolarsi nella tristezza indotta dal divano, se poi abbiamo la sfiga (loro) di aver amici che ci ascoltano, oooobeh, allora possiamo anche metterci a lutto...

Perché l'amore della nostra vita ci ha mollato? 
Fatto salvo che fosse veramente l'amore della nostra vita e che lei/lui, lo sapesse...
Perché anche i grandi amori finiscono?
Beh, ci sono motivi validissimi e inoppugnabili, tipo che uno dei due defunga e lì, lì non ci sono cazzi, ma neanche colpe, a meno che, non sia stato il/la partner a farlo/la secco/a, ma a questo punto non parlerei più dell'amore della vita, ma di soggetti malati che non hanno la minima idea di cosa significhi amare...
Il discorso si ingarbuglierebbe oltre misura, quindi...
Restiamo sui vivi...
Perché anche i grandi amori, finiscono...
Non lo so.
Esaminiamo i fatti...
Siamo innamorati? Si, l'uno dell'altra? Si, abbiamo progetti comuni? Si, anche con punti di vista diversi? Si, che affrontiamo insieme senza prevaricazioni? Si, quindi c'è rispetto reciproco? Si, anche quando ci sono torti evidenti? Si, è importante chi guadagna di più? No, anche nel dar peso alle priorità? No, i ruoli sono differenti? No, anche nella educazione dei figli? No, c'è un genitore dominante? No, nemmeno nell'indicare le scelte per i figli? No, ci si nasconde alcunché? No.
Bon, allora tutto dovrebbe funzionare perfettamente e per sempre...
Dovrebbe...
Dovrebbe, ma non è sempre cosi.
Non è sempre cosi, perché tra il dire e il fare, c'è di mezzo la realtà di tutti i giorni.
Realtà fatta di felicità certo, ma anche di problemi non sempre affrontabili in due, problemi che siamo incapaci ad affrontare, che ci spaventano o dei quali ci vergogniamo, le onnipresenti aspettative, le nostre o quelle altrui, aspettative capaci di distrarci anche dalla realtà, cercando una "realtà" diversa, tanto diversa dal confondersi con sogni e favole.
Amarsi è un lavoro.
Un lavoro continuo, difficile e faticoso.
Un lavoro da fare in due.
Se si è in due, resta un lavoro continuo, difficile e faticoso ma, gli sforzi vengono abbondantemente ripagati e le soddisfazioni non mancano.
Che mielosa ovvietà, direte voi...
Di ovvio, in amore non c'è niente.
Perché?
Perché quante coppie restano "unite" grazie alla fatica del singolo? Quante persone, piuttosto che niente, restano nell'ombra di chi non ha nemmeno la propria di luce? Quante coppie sono formate da individui che restano e si sentono comunque soli?
Forse i grandi amori finisco perché, in fondo, tanto grandi non sono, lo vorremmo, lo speriamo, magari ci lavoriamo anche molto ma, ma se li spogliamo di tutti i nostri sforzi, forse alcuni grandi amori lo sono, perché noi abbiamo bisogno di vederli cosi...
Eppoi.
Eppoi penso che a volte le cose, semplicemente finiscono.
Anche i grandi amori, anche quelli veri, semplicemente finiscono.
Siamo in cammino, abbiamo strade da intraprendere in continuazione, scelte che avranno conseguenze, necessità da seguire, certezze da trovare, la vita è in divenire, c'è chi avrà la fortuna di farla al fianco di una persona, chi invece ne avrà tante e sarà ugualmente fortunata e chi sarà fortunata rimanendo se stessa, anche da sola.
Noi dobbiamo amarci, poi amare e farci amare.

Saluti

martedì 15 ottobre 2019

L'amore e altre stupidaggini

Alla mia età, ogni tanto, 
capita di fermarsi a pensare...
Poi, per fortuna, passa...
Tutto passa.

                   Reschiglian Lorenzo


Quante volte ho sentito la frase, il primo amore non si scorda mai?
Centinaia e centinaia di volte...
Sarà vero?
Probabilmente si.
Per me no.
No non nel senso che non credo sia così, solo non mi sento sicuro su quale sia stato il mio primo amore...
Troppa confusione in quei periodi, troppe emozioni, troppe cose nuove, troppe sensazioni uguali e contrastanti, troppa stupidera...
Troppe (?) amiche?
Monica, già ribelle allora?
Cristina e le sue efelidi?
Luigia dalla risata travolgente?
Daniela l'omnicomprensiva?
Laura dall'anima curiosa?
Tutte?
O forse no?
Troppo bassa l'età anagrafica...
Forse...
Però ho vivi ricordi per ognuna di loro, stupendi momenti di complicità, devastanti rifiuti e nodi allo stomaco...
Ma posso parlare del mio primo amore?
A quella età?
Si, di primo amore per quella età.
Poi, poi cresco...
Forse un po' maturo, o meglio, maturano in me esigenze, sensazioni e sentimenti nuovi, quello che è stato, lo archivio come amore fanciullesco, quello dove più o meno, sembra di essere in una favola, quindi gli ormoni prendono il sopravvento sui sogni e il desiderio scansa il buon senso, lo stare insieme fisico detta i suoi tempi, lasciandone ben poco all'affinità mentale.
Li c'è il vero amore?
Si, c'è l'amore verso me stesso, l'amore nella sublimazione del mio ego.
E dopo che mi sono trovato?
Dopo aver visto che non sono poi tanto diverso dalla massa?
Ci rimango un po' male.
Picchiare la faccia contro chi sono, rispetto a ciò che credevo di essere, beh un po' è fastidioso...
Mi ha lasciato si, vuoto ma anche con il tempo per pensare.
Magari, il primo amore, non è il primo amore, ma il primo nel quale ti senti realizzato, il primo che senti "necessario", nel senso che necessita di lavoro, di impegno, di continuità.
Forse il primo amore è l'ultimo.
L'ultimo perché non sento il bisogno d'altro, l'ultimo perché ho avuto il primo e tanti altri primi amori, primi perché nuovi, diversi e giusti per quei momenti dove sono nati, vissuti e finiti. 
Eppoi?
Chiudo cosi?
Mmmm... 
No, perché non sono un veggente, quindi non so se questo mio ultimo, primo amore sia l'ultimo o il primo o l'ultimo dei primi o primo degli ultimi...
Dopo tutto, ho solo 47 anni, un'inezia nella vastità del tempo...

Saluti

domenica 29 settembre 2019

Greta Thunberg e il 1988...

Ah che bello il mondo, sembra un
bel posto dove stare, peccato ci 
siano tutti questi esseri umani...
                                        Anonimo


Nel 1988 avevo 16 anni.
Vi ricordate voi, cosa facevate chi eravate quando avevate 16 anni?
Io si.
Lavoravo già, pure da un po' e mettevo via i soldi per comprarmi la moto, ero un po' stufo di andare in giro col vecchio motorino scassato, un Motobecane avuto dalla sorella di mio papà.
Comprai una Fantic Motor Strada 125 sport, una moto ormai fuori produzione, un fondo di magazzino che non voleva nessuno, una moto bruttina rispetto ai bolidi dell'epoca, ma costava poco era nuova ed era mia...
Ce l'ho ancora nel cuore, come tante altre cose di quegli anni, la pizza, Daniela, gli ormoni...
I sedici anni, li ho vissuti come se fossero il primo passo verso l'età adulta, il primo assaggio di responsabilità.
Insomma, al contrario di quasi tutti i miei coetanei, non andavo alle superiori, non studiavo per prendere il famoso pezzo di carta, ma su un pezzo di carta, apposi la firma per quello che fu il mio primo vero acquisto.
Ero felice, vuoi per la moto ma anche perché, mi sentivo grande.
Si parlava di ecologia nel 1988?
Si, si se ne parlava, ricordo qualche trasmissione, forse l'inossidabile Piero Angela in Quark, ricordo di qualche discussione fatta con gli amici nel fine settimana, dell'inquinamento dovuto ai gas di scarico dei motori, sapevo che la mia due tempi, inquinava molto di più di una quattro tempi, ma le quattro tempi non andavano nemmeno a spingerle eppoi, eppoi io ero figlio delle due tempi, del serbatoio dell'olio separato, del fumo azzurro, delle miscele troppo grasse, dei motori ingolfati, dell'odore di bruciato e delle fiammate dalle marmitte.
A sedici anni, non me ne fregava un cazzo dell'ecologia, il mondo era verde il cielo blu e io correvo ovunque con la mia moto, da un benzinaio all'altro, odiavo i semafori rossi, gli stop e qualunque limite alla mia libertà, volevo solo andare in moto, non importava se faceva freddo o caldo, se piovesse o no, se avessi o meno una meta da raggiungere, casco in testa e via, fuori dal mondo dei più, perso nei miei sogni con gli occhi pieni di asfalto e il cuore nell'acceleratore...
Non ho rimpianti di quei tempi, qualche rimorso si, dovuto più che altro a tutti quegli inutili rischi corsi a causa dell'età, del mezzo e del poco cervello...
Il santo protettore degli incoscienti esiste, ne sono certo.
Per fortuna i tempi cambiano, non sempre in meglio, ma cambiano...
Greta Thunberg ha sedici anni ed è nata il mio stesso giorno, il tre gennaio, questo è tutto ciò che abbiamo in comune.
Greta ha sedici anni, per quanto ne so non ha la moto e non ha intenzione di comprarne, quando non sciopera va a scuola, quando non è in giro a litigare con governi e governanti, va a scuola, quando non ha niente da fare va a scuola.
Questo è quanto si evince dalla sua biografia pubblica.
Pochino in vero.
Però sappiamo che è vegana, quasi fosse una malattia, sappiamo che ha la mamma fica, come se fosse colpa sua, sappiamo che ha la sindrome di Asperger ed è per questo, signori è per questo che è una rompi coglioni.
Una musona, invadente, pedante rompi coglioni.
O almeno, questa è l'immagine di lei che vogliono farci passare.
La macchina del fango non fa sconti a nessuno, nemmeno ad una ragazzina che sa quello che dice.
Greta non solo sa quello che dice, sa anche come dirlo, quando e dove, poi quello che dice non piace, non piace agli speculatori, non piace a chi fa soldi fregandosene ti tutto e di tutti, non piace a quei governi e governanti che guardano solo ai propri interessi, ma soprattutto non piace agli ignoranti e a tutti quelli che, tenendo il cervello spento, si bevono tutte le stronzate che quei governi e governanti sparano per tenersi l'elettorato vicino e a cervello spento.
Purtroppo per Greta, gli ignoranti, i succubi e gli zombi senza cervello, sono la maggioranza, maggioranza che rimane anche quando si fa la conta tra i governi e i governanti.
L'ecologia è fica, ma non fa soldo.
L'avevo scritto già tanto tanto tempo fa, l'ecologia non fa soldi, o meglio, ancora non ne fa abbastanza, troppo remunerativo è ancora il mercato del fossile, troppi soldi ancora si guadagnano inquinando ma, ma secondo me, e non so se sia una speranza in cui credere è solo questione di tempo, tempo perché il cervellone di turno trovi il sistema di rendere l'ecologia, non utile ma remunerativa, verrà trovato il modo di stra guadagnarci come con il fossile, allora vedrete che in quattro e quattr'otto diventeremo tutti green friendly, tutti con mezzi elettrici, tutti educati, puliti e consapevoli...
Nel frattempo, sperando che di tempo ce ne sia abbastanza, continueremo a spalare fango su chi è più intelligente di noi, lavandoci poi le mani per guidare le nostre macchine ibride, buone solo a farci passare per (finti) ecologisti, sebbene ce ne freghiamo o non sappiamo, che per produrre auto ibride, si inquina di più che per produrre auto normali e in più, come già scritto in un altro post, quando queste auto saranno da rottamare, dove andranno a finire le pericolose, esplosive e stra inquinanti batterie che le muovono? E quanto costerà smaltirle al proprietario?
L'ecologia, la cura del pianeta è roba seria, una questione che va ben al di là del chiudere il rubinetto mentre ci si lava i denti o dello spegnere gli stand by degli elettrodomestici, non dico sia inutile, tutto aiuta ma per mille o centomila persone che spengono una lampadina, ci sarà un industria guidata dal senza scrupoli di turno, che inquinerà centomila volte più di tutte le lampadine spente da noi, questo è il problema ed è qui che la macchina del fango lavora, nel deviare le colpe, cosi siamo noi che inquiniamo guidando le nostre macchine, non chi le produce, siamo noi che inquiniamo accendendo i condizionatori in casa, non chi produce la corrente bruciando carbone, noi la colpa è solo nostra...
E in parte, grossa parte è vero.
L'auto ormai la usiamo a sproposito, innalzandola a status, usare i mezzi pubblici, anche la dove funzionano, non fa figo, i condizionatori poi se non vengono tenuti a temperature che farebbero rabbrividire un pinguino è come non averli.
Certo che la gran parte della colpa è nostra, del popolino bue che senza cervello fa quello che i media dicono loro di fare ed è qui che Greta sta cercando di piantare un germoglio di speranza, qui dove i governi e i governanti si mischiano al popolino bue, qui a metà strada tra il tutto che c'è e il niente che sarà, ecco perché ha quasi tutti contro.
Ecco chi è Greta, Greta da voce, forse l'ultima alla speranza alla voglia di crederci ancora, alla necessità di non arrendersi.
Non arrendersi.

Saluti

domenica 25 agosto 2019

Ti ho sempre dato del lei...

Quello che rimane di noi dopo la morte,
parla di noi più di qualunque cosa noi
si faccia durante la vita.
                                  Reschiglian Lorenzo


Il ricordo che lasciamo a chi rimane è più importante di quel che abbiamo fatto.
Il dolore è parte essenziale del ricordo, ma se lasciamo un buon ricordo, il dolore lascerà sempre spazio ad un sorriso.

Ciao Maurizio.

Lo so, non te l'ho mai detto ciao, la forma, l'etichetta delle nostre figure ci "imponeva" di darci del lei...
Un po' si rideva di questa "etichetta"...
Questo è uno dei ricordi che mi rimarranno di te, quel tuo modo di farmi ridere.
Anche nell'affrontare i problemi, anche quando dovevi riportarmi all'ordine, alla fine, trovavi il modo di sorridere e di farmi sorridere, quasi fosse sbagliato lasciarsi in malo modo.
La professionalità è una cosa, la maleducazione un altra.
Tu sapevi essere sapientemente professionale, la maleducazione non faceva assolutamente parte del tuo modo di vivere.
L'umorismo tagliente, affilato, probabilmente anche dalla malattia che da anni affrontavi, ma che non ti schiacciava, l'umorismo ti era utile anche per affrontare i problemi, il lavoro e le persone che, povere loro, facevano di ogni sciocchezza una grana insormontabile, un problema da dover risolvere, pena il voto contrario agli ordini del giorno... 
Avevi mille ragioni per lasciar perdere, per perderti nella malattia, nella commiserazione, nel dolore attendendo l'inevitabile...
Avevi mille ragioni per cedere, ma sempre una in più per non farlo, mille e ancora una, Niccolò.
Niccolò, che quando ne parlavi, facevi trasparire l'amore cristallino che provavi per lui, non potevi, ne riuscivi a nascondere il tuo orgoglio, l'orgoglio di un padre che vede la propria figlia diventare, essere madre.
Questo dicevano i tuoi occhi quando ne parlavi, lo spiegavano molto più delle parole cariche d'amore che dicevi, occhi che brillavano di orgogliosa gioia, gli occhi di un uomo consapevole, consapevole del tempo che passa, consapevole di non averne più abbastanza per continuare ad amare, gli occhi di un uomo che però, non avrebbe dato spazio alla rabbia per la vita che scivolava tra le dita, no, la consapevolezza del'avere poco tempo, te l'ha fatto usare al meglio di ciò che potevi fare.
Ecco perché hai amato così tanto, per lasciare amore nel tuo ricordo, non amarezza, non rimorso, non dolore, ma, amore solo vero e profondo amore.
Maurizio non sei andato via, non sei andato via perché il tuo ricordo c'è, c'è e rimarrà sempre nelle persone che hai amato e in quelle che ti hanno compreso veramente, poi, per le altre quelle che non sono state in grado di capirti, lascia loro uno dei tuoi migliori sorrisi...
Ecco cosa vuol dire, non vi lascerò mai.
Ciao Maurizio, non ci lascerai mai.

Saluti

giovedì 22 agosto 2019

Bulli, pupe e marinai

In Italia abbiamo tutto,
ma ci manca tutto il resto.

                  Reschiglian Lorenzo


Sapete perché l'Italia è mal governata?
Perché gli italiani votano male.
O meglio, perché gli italiani non votano e quando lo fanno, lo fanno dimenticando le legislazioni precedenti, dimenticando le "promesse" non mantenute, dimenticando le brutte figure fatte dai loro eletti; votano male perché ignorano le leggi, ignorano i propri diritti, ma soprattutto gli italiani non votano o lo fanno male perché, perché sono menefreghisti, ottusi, falsi furbi e opportunisti.
La politica dovrebbe essere ben altro, non questo clownesco circo delle miserie.
Conte si dimette, si dimette dicendo che uno dei suoi ministri è un incompetente,  un caciarone avvezzo alle piazzate piene di roboanti stupidaggini che, di fatto, instupidiscono chi le ascolta, piuttosto che fare quello che, malgrado tutto dovrebbe fare vista la sua carica istituzionale.
Quindi, anche per dare uno "schiaffo" al suddetto ministro, Conte si dimette.
A me sembra di ascoltare la barzelletta dell'uomo tradito, che per punire la moglie fedifraga, si taglia l'uccello...
Forse sono io che non capisco, forse non sono sufficientemente intelligente da capire le "logiche da scranno", ma, ma se io sono convinto di quello che faccio, se so di essere nel giusto, beh io continuo e continuerò a fare quello in cui credo, affrontando le avversità e gli avversi, ascoltando tutti, ragionando su tutto quello che mi conferma, ma anche su tutto quello che è diverso anche fino all'opposto, ma se so di essere nel giusto, nulla potrà impedirmi di proseguire nei miei intenti.
Le convinzioni e i risultati devono dar prova di noi stessi, non le fughe travestite da schiaffi morali...
L'uomo parla.
Il leader agisce.
Ma i leader, siamo noi a sceglierli, noi alzando il culo dal divano per andare a votare, votando dopo aver capito cosa si vuole e chi potrà rappresentare  quanto si vuole.
Difficile vero?
Si, si è difficile.
È difficile anche perché, l'italiano medio, dall'andare a votare, non ci ricava niente, anzi è una scocciatura, perché?
Perché le elezioni si tengono, praticamente sempre di sabato e domenica.
Il sabato e la domenica, per l'italiano medio sono sacre, c'è da andare al mare o a sciare, c'è la grigliata o il pranzo dalla suocera, c'è la partita, il MotoGP, la formula uno, il giardino da innaffiare, la parete da tinteggiare, l'amante da scopare, il cesso da disotturare, insomma il sabato e la domenica non sono i giorni adatti per votare.
Facciamo che a votare si va il lunedì e martedì, con la possibilità di fare ponte, due giorni a casa retribuito, retribuito se porti la scheda elettorale timbrata, il timbro attesta che hai votato, non chi hai votato, ma sicuramente che verrai retribuito.
E chi cerca lavoro e non lo trova?
Beh, innanzitutto chi non lavora ha l'indubbio vantaggio di poter votare serenamente nell'infrasettimanale, poi presentando la scheda elettorale timbrata, otterrà miglior graduatoria nelle liste di collocamento.
E quelli che non lavorano e non lo cercano perché "demoralizzati"?
Bene, se questi riescono a scrostare i loro culi dal divano, una volta operato il loro diritto/dovere, presentando la scheda elettorale timbrata, potranno usufruire di scontistiche su ricariche telefoniche, app videoludiche, youporn e detergenti intimi...
Se anche così, l'Italia continuerà ad essere mal governata, beh allora è giusto che così rimanga.

W i caciaroni.



Saluti.

venerdì 24 maggio 2019

Politica, popolo, pecore, pastori e pensieri

C'è tanta eloquenza nel tono della voce,
nell'espressione degli occhi e nell'aspetto
di una persona di quanta ce ne sia
nella scelta delle parole.
                           François De La Rochefoucauld


Sapete la differenza che passa tra, succube e sovrano?
Semplicemente il sovrano decide il succube subisce...
Sapete cos'è la democrazia?
Beh qui sicuramente ognuno avrà la propria interpretazione, io mi atterrò al suo significato letterale.
Anche perché, sovrano, inteso come popolo, popolo sovrano e democrazia sono due realtà estremamente unite, unibili fino all'imprenscindibile, o almeno così dovrebbe essere, dovrebbe...
Io non sento la necessità di schierarmi, perché credo in una politica delle idee, quella politica che non bada alla posizione nel semicerchio da dove parte l'idea, ma bada alla sostanza dell'idea stessa, cioè, la dove un concetto è valido, gli schieramenti sodalizzano alla ricerca del bene comune, bene comune che individuiamo nel popolo, il popolo sovrano.
Il popolo sovrano è quello che elegge i propri rappresentanti, questi rappresentanti di rimando, dovrebbero rappresentare il popolo, dovrebbe, ma così non è...
Ecco quindi che il rappresentante eletto dal popolo sovrano, al momento del giuramento, subisce una lobotomia e, dimenticando tutto ciò che lì lo ha portato, si unisce al gregge di appartenenza.
La mancanza di memoria è una costante nel rapporto tra politica e popolo...
L'errore più grave che si possa commettere è, credere che la politica sia una diretta emanazione della democrazia, quando invece dovrebbe essere la politica ad essere veicolo per raggiungere la democrazia.
La democrazia è il punto focale, non la politica, e poi che politica? 
Mica l'escrementizio circo mediatico che subiamo giornalmente, un greve spettacolo dove slogan e tormentoni, hanno dismesso l'intelligenza.
I politici di oggi sono lontanissimi dal composto, rispettoso scambio dialettico, delle tribune elettorali di 30/40 anni fa...
La politica dovrebbe essere ben altro, partendo dai concetti, sviluppando idee, attraverso il dialogo costruttivo fino alla realizzazione concreta dei concetti di partenza.
La democrazia svanisce quando il popolo, il popolo sovrano, diventa succube dell'inutilità, dei preconcetti, delle facili soluzioni, spinto dal gregge dei lobotomizzati, smette di pensare.
La memoria è corta e noi non ascoltiamo più chi ha più esperienza di noi...

Saluti

venerdì 22 marzo 2019

La catarsi del pedalino

Il pensare logora.
Il non pensare, uccide.
                      Lorenzo Reschiglian


Le nostre vite sono un susseguirsi di situazioni non sempre piacevoli, siamo spesso messi di fronte a scelte che non sono, semplicemente difficili, ma che il più delle volte lo diventano a causa del poco tempo a disposizione per valutarle, lasciando siano la pancia, il destino o l'intuito a scegliere per noi.
I risultati sono molto spesso catastrofici.
Perché?
Oltre alla sopra citata,  immotivata mancanza di tempo, c'è una motivazione ben più complessa, che in effetti relega il fattore tempo a mera scusa per l'accaduto.
Il vero guaio sono le aspettative.
Le aspettative, sia nostre nelle nostre capacità, sia le altrui nelle nostre capacità...
Gli altri sembrano sempre chiederci l'impossibile, non credo esclusivamente perché riconoscono le nostre capacità, ma più perché sono consci delle proprie incapacità, così ci sovrastimano nella speranza di vederci cadere e di occultare le proprie mancanze, nella polvere del nostro tonfo.
Esagero?
Forse.
Ma tutti ridiamo quando, in auto veniamo sorpassati da un altro veicolo che, subito dopo, viene fermato dalle forze dell'ordine.
Ridiamo perché?
Per il subitaneo intervento della giustizia divina?
No.
È una sorta di scarico nervoso, dovuto all'invidia provata nei confronti di chi ha una macchina più bella, nuova o potente della nostra, inconsciamente ci sentiamo in colpa e, con una risatina, cerchiamo di mondare i cattivi pensieri...
Ma torniamo alle aspettative, qui un piccolo esame di coscienza è d'obbligo, guardiamoci dentro, siamo sicuri che gli altri ci chiedano sempre l'impossibile?
O siamo noi che ci limitiamo ancor prima di metterci in gioco?
E questi limiti, tentiamo di superarli o temiamo siano insormontabili?
Sinceramente, quante volte usciamo sconfitti, perché abbiamo già perso prima di cominciare?
Che aspettative abbiamo su di noi?
Quante ne riversiamo nell'intento di appesantire chi riteniamo ci sia superiore?
Pensieri.
Tonnellate di pensieri.
Che schiacciano le nostre aspettative.
Il tempo, sempre lui, scorre e noi con lui, rallentati da zavorre cognitive.
Lo dico da sempre, il tempo, prendiamoci del tempo, tempo per noi.
Per riposare la mente.
Facendo altro.
Io, ad esempio faccio le lavatrici.
Divido i colorati dai bianchi.
Le fibre naturali dai sintetici.
Riempio gli oblò, schiaccio il tasto e via.
Il tempo che preparo la macchina è tempo che io guadagno, le mani lavorano, io penso.
Poi.
Poi c'è da stendere i panni.
Trovare il bandolo nella matassa uscita dal cestello. 
Solitamente inizio dagli asciugamani, poi le maglie, i pantaloni, rigorosamente appesi dalle gambe, fino ad arrivare ai calzini... 
Ed ecco, i calzini, il vero momento catartico.
I calzini, vanno attaccati a copie, vicini vicini, dopo averli "girati" per il  giusto verso.
Rilassante, appunto, catartico.
Ecco, forse per le nostre aspettative, dovremmo iniziare così a piccoli passi, come accoppiare due pedalini, non grandi progetti, non puntiamo a salvare il mondo, no, puntiamo ad accoppiare i calzini due a due, ragionando a piccoli step realizzabili, spostare sempre più su l'asticella, ma una tacca alla volta, calzino dopo calzino.
Le mani lavorano, la mente vaga per sogni...

saluti

sabato 23 febbraio 2019

Eppoi, una mattina, ti svegli...

La vita, il tempo e tutto
ciò che vi è dentro, un
respiro alla volta...
         Lorenzo Reschiglian

Si corre, si corre in continuazione, si corre anche quando non ce n'è bisogno, si corre perché già si stava correndo e cosi, si continua a correre.
Sempre in perenne affanno, sempre in ritardo, in ritardo da cosa non si ha più nemmeno memoria.
Il tempo è il bene e la mancanza allo stesso tempo...
Avessimo almeno una meta, un traguardo, uno scopo da raggiungere, dico oltre la morte, no, corriamo perché tutti corrono, corrono e scorrono in mille scie sfocate, impalpabili e irraggiungibili.
Esopo taci.
Tutto sembra importante, tutto sembra stramaledettamente importante e, ancora più importante è farlo in fretta.
Viviamo in competizione.
Ci serve di più, ancora di più, più grosso, più grande, più importante, più nuovo, più moderno, più di te, più di lui o di chicchessia, basta che sia di più, di più e prima.
Eppoi, una mattina, ti svegli.
Eppoi una mattina ti svegli ed è una mattina come le altre, c'è il sole o forse no, hai dormito bene o forse no, tutto intorno a te è lo stesso, lo stesso o forse no.
O forse si?
Come ieri prepari la colazione, ma spendi un istante in più, mettendo bene le tazze, controllando il caffè nella caffettiera, appoggiando la brioche a formare un sorriso, cercando i gatti per distribuire cibo e coccole, ti stringi nell'abbraccio di tuo figlio, senza la fretta di distaccarsi, dai un bacio in più a tua moglie e poi ancora un altro.
Tutto quasi come ieri.
Tutto quasi come ieri, solo che oggi, oggi, ti piace di più.
Il mondo, il mio mondo, non corre più.
Il mio mondo non ha più bisogno di correre, io, io non sento il bisogno di correre.
E non è l'unica cosa che è cambiata, tutto quello che c'è intorno a me è cambiato, tutto è cambiato perché tutto è rimasto assolutamente quello che già era, ma io, io lo vivo diversamente.
Le mie necessità sono diverse, come diverse sono le percezioni ad esse legate.
Mi piace respirare, sentendo e gustando l'aria, espirando lentamente, come a salutare un amico che parte, cercando di dilatare il tempo, espandendo i polmoni.
Mi piacciono quegli istanti di non curanza, dove le lancette sembrano invertire il passo, dove il tempo non si ferma, ma, ma un secondo sembra durare di più, di più ed è un regalo alla vita, perché quel secondo è solo mio, solo mio ed è un secondo che sento di aver vissuto, vissuto perché l'ho sentito in me.
Eccolo il presente, il dono che ne è sinonimo, la consapevolezza del tempo, non quello che scorre, ma quello che scorro, quello che vivo e sento in me.
Ed ecco che non è più importante occupare il tempo, non è più importante impiegare il tempo o evitare di perdere tempo, ma lo è sentire il tempo, sentirsi parte del tempo, del proprio tempo; smettere di essere vinti alla rincorsa del tempo, ma padroni di se stessi al suo interno.
Rallentare.
Fino a fermarsi.
Respirare.
Piano.
Il mondo corre se noi corriamo, ma è fermo se noi ci fermiamo.
La routine non necessariamente significa noia.
Amo.
Amo il tempo.
Amo alzarmi presto, non per correre, ma per avere il tempo di fare le cose col giusto tempo.
Preparare la colazione o riempire una lavastoviglie, diventano noiosa routine se noi diventiamo degli automi senza sentimenti e agli automi, non importa lo scorrere del tempo, perché non hanno sentimenti.
Io vivo di sentimenti, di emozioni e di necessità ed è per questo che ho deciso di camminare a fianco del mio tempo, sentendolo in me e avendone cura, perché il tempo non ha limiti, ma il mio tempo, la mia vita si e ogni istante è unico, unico e perderlo significa perdere un po' di se stessi e perdere se stessi, significa perdere l'unica cosa che abbiamo veramente.

Saluti.

martedì 12 febbraio 2019

Traslocare idee...

E poi, cos’è l’amore?
Cosa significa, amare?
Non è facile rispondere…
O si?
     Lorenzo Reschiglian


Quante persone ci sono al mondo? Circa sette miliardi e mezzo…
Volendo togliere i troppo giovani, che forse ancora non hanno sufficiente discernimento per parlare d’amore, volendo togliere chi non sarà mai abbastanza cresciuto per parlarne e chi lo è troppo e, forse se lo è dimenticato, volendo anche togliere chi, parlando d’amore, ha idee troppo confuse, ammalate o violente, volendo egoisticamente, calcolare solo le persone “sane e normali”, quindi etero e gay ambosessi, quanti siamo al mondo?
Facciamo i pessimisti, diciamo la metà, metà abbondante, quindi quattro miliardi.
Quattro miliardi.
Quattro miliardi di persone.
Ok?
Sono convinto che se le interrogassimo tutte, se a tutte chiedessimo, cos’è l’amore, sono convinto che avremmo quattro miliardi di risposte diverse; probabilmente non diversissime, probabilmente si riuscirebbe a trovare un “minimo comune denominatore”, una sorta di traccia che renda, l’amore, qualcosa di mondiale, un ingrediente comune in quattro miliardi di ricette diverse.
Ok?
La domanda che sorge spontanea è, chi ha ragione?
Chi, tra questi quattro miliardi, ha la soluzione definitiva alla più antica delle domande?
Chi?
Nessuno, ma anche tutti.
L’amore è un sentimento troppo grande per poterlo confinare, per darle un nome univoco o una connotazione finita.
l’amore è, necessariamente, confusione.
Confusione di idee, sentimenti, movimenti e convinzioni…
L’amore non può essere, calcoli e certezze.
Ognuno ama a modo suo e non si può pretendere di trovare qualcuno che ami, e ci ami, nello stesso modo che amiamo noi, non esiste e non funzionerebbe.
Le due metà della coppia, sono come due motori, molto simili ma separati, allora cos’è l’amore?
L’amore è la frizione che unisce questi due motori, che accoppia le differenze nel modo di amare.
Amarsi significa, comprendersi, cioè accettare e farsi accettare.
Amare non è guardarsi alla ricerca dei difetti altrui, ma guardare insieme, nella stessa direzione che si è deciso di percorrere.
Per me, l’amore è il più semplice dei sentimenti, se non lo carichiamo di inutili necessità.
L’amore è un sentimento che nasce nudo, l’errore sta nel vestirlo come piace a noi o come pensiamo possa piacere ad altri.
Difficile certo, difficile perché, spesso, la nostra mente è un vecchio armadio pieno di stracci…

Saluti.

mercoledì 16 gennaio 2019

Pawel Adamowicz

La storia si ripete.
La storia è ciclica.
Possono cambiare i nomi.
Possono cambiare i luoghi.
Ma tutto rimane uguale.
Uguale, inutilmente.
                         Reschiglian Lorenzo

Il problema come al solito, sta nella crisi, non la crisi dei valori, che non frega un cazzo a nessuno, ma bensì la solita, cara e rassicurante crisi economica.
Una sesantina d'anni fa, ad uno così, lo stato coadiuvato dall'esercito, gli avrebbero organizzato un corteo, con tanto di auto scoperta da far passare tra due ali di persone festanti, così da poterlo prendere a fucilate da un edificio, magari per risparmiare qualcosina, lo si poteva prendere a revolverate durante un comizio pubblico, tirando i costi all'osso, lo si poteva avvicinare in un giorno qualunque, con una scusa banale, tipo farsi fare un autografo in mezzo alla folla, per poi sparargli alla schiena.
Tutto bello, bellissimo ma dispendioso.
Ma la crisi è una brutta bestia, tra  "spending reviou", brexit, immigrazione, accise, global warming e escort sempre più care, i soldi insomma devono essere "impegnati" la dove servono veramente...
Così, i poveri poteri occulti, tra una bottiglia di Cristal e un soffocotto, frugandosi nelle tasche dei loro pantaloni calati, racimolano  quattro spicci da dare all'imbecille di turno che, temperino alla mano, ci toglie la possibilità di godere dell'intelligenza di una brava persona.
Fa niente, tanto ci sono problemi più pressanti da seguire, tipo capire chi saranno i partecipanti al grande fratello vip, la supercoppa, e soprattutto, cosa dirà la D'Urso?

Saluti

lunedì 7 gennaio 2019

Vicini ma mica tanto...

Nella vita, si operano scelte,
si fa una scala di priorità mossi
dal buonsenso, poi si butta
tutto nel cesso, si spegne il
cervello e ci si getta anima e
corpo nell'inutilità...
           Reschiglian Lorenzo

Negli anni 60/70, in Arabia Saudita, si lavorava per guadagnarsi il khubz, si andava in spiaggia o al ristorante, ci si incontrava per farsi quattro chiacchiere e, come nel resto del mondo civilizzato, si tirava avanti, chi meglio, chi peggio, comunque i giorni iniziavano e finivano, e proprio come in qualunque altro paese civilizzato,  la vita scorreva sia per gli uomini che per le donne…
Poi.
Poi, interpretabilissimi “dettami religiosi”, decidono che le donne sono pressoché inutili, buone soltanto per procreare (preferibilmente maschi) e governare casa in attesa che torni l’uomo, uomo che ne può fare ciò che vuole, un po' come un paio di ciabatte, ma con molto meno rispetto.
Che cinquant’anni fa, le donne andassero a scuola o in piscina, al resto del mondo non gliene fregava un cazzo, come non gliene frega un cazzo, adesso che le stesse non possono fare assolutamente niente di più divertente che essere lapidate in piazza.
Ma allora, perché i giornali sono pieni di roboanti articoli che condannano uno stato e una religione al completo?
Rigurgiti umanitari?
Redivive rivendicazioni femministe?
Il Papa che cerca moglie?
Noooneeee!
Tutto sto casino per una partita di calcio.
La supercoppa vattelapesca...
Che poi “supercoppa”, perché la coppa normale era troppo poco? Poi cosa si inventeranno in questa fregola pallonaro/pallonara? L’ipercoppa? L’ultracoppa? La megacoppaesticazzispecchioriflessosenzaritorno?
Che due palle sto schifo di calcio.
Ma torniamo un passo indietro, Supercoppa italiana, quindi un torneo per club’s italiani, giocato da squadre italiane, in Italia…
Perché la finale di questa competizione indigena, deve essere disputata in un altro paese?
Sarà mica solo per quel botto di milioni elargiti dai petrolieri?
No, dai, non è possibile, secondo me, gli avveduti Arabi, che i soldi li hanno anche perché sanno come risparmiarli, consci che prendere quei loro aerei privati, sarebbe stata una scocciatura, oltreché un costo non deducibile, decidono per il bene dell’ambiente di risparmiare carburante e scocciature, comprandosi l’evento, cosicché, con le loro tunicone e gli asciugamani in testa, possano andarselo a gustare utilizzando delle meno assetate limousine, Ferrari, Lamborghini e Fiat, ma queste ultime solo se pagati per farlo…
Quindi, passati i canonici 90 minuti (più recupero), qualcuno si ricorderà dei diritti delle donne? Ci sarà spazio tra le polemiche su chi ha vinto o perso, per parlare di giustizia sociale? Il nuovissimo moviolone mostrerà una slow motion in ultradefinizione 3D, di una donna a viso scoperto che esulta per il solo fatto di essere Donna?

Saluti