domenica 3 marzo 2024

Ascoltando un walzer (Dmitri Shostakovich Waltz No. 2)

Ascoltare, a mente serena,
libera pensieri, fantasie e,
possono nascere, racconti...
                          Lorenzo Reschiglian


Immagino, un grande palazzo con il classico salone delle feste, entrando, da una parte, un po' isolata c'è un'orchestra che sommessamente suona in sottofondo, dall'altra tavoli gremiti di persone imbellettate e infiocchettate, dove eleganti camerieri si incrociano e affannano in richieste vanesie, chaperon bisbigliano futilità in orecchie distratte e, al centro un enorme spazio per danzare.
Il ricevimento non è particolarmente rumoroso, qualche posata tintinna, una bottiglia sboccia, tutto ovattato come si conviene in alta società, c'è un tranquillo chiacchiericcio, ogni tanto una risatina un po' più stridula, denuncia che non c'è solo nobiltà ai tavoli, però tutto è informale, nessuno sembra conoscere davvero nessun'altro, noblesse oblige...
La cena, stancamente volge al termine, il volume dell'orchestra si fa più presente, segno che si stanno per aprire le danze, cosi comincia il gioco degli sguardi, per lo più distratti, ventagli vengono agitati, qualche pacca sulle spalle, fa da eco a pensieri sicuramente non consoni al lignaggio, sembra che tutti guardino tutti, benché, in effetti pare che nessuno veda nessun'altro, in questa silenziosa bolgia, solo due occhi non riescono a staccarsi da altri due, e qui non ci sono occhiate di intesa, né sommese intenzioni o blande allusioni, no sotto quegli occhi non c'è nemmeno un sorriso...
Osservandoli distrattamente, si potrebbe dire che nemmeno si stiano guardando.
Ma loro, i proprietari di quegli sguardi, molto avrebbero da dire, se solo volessero guardare al passato, non lo faranno, hanno deciso così.
La musica, dopo una breve pausa e un ritmico ticchettio, alza nuovamente il volume, le danze sono aperte!
Diamine, un dannato walzer, lui si alza e, con movimenti calmi, misurati si dirige verso di lei, lei, lo segue con lo sguardo e il ventaglio che porta al viso, nasconde un accenno di sorriso, lui, mano sinistra agli alamari e destra leggermente protesa, fa schioccare i tacchi degli stivali, si inchina e, sempre occhi negli occhi, sussurra:
My Lady, mi concede questo ballo?
Lei, chiude il ventaglio e guardandolo come fosse la prima volta, accenna un piccolo movimento del capo e le porge la mano...
Lui la sfiora con un elegante baciamano e, precedendola di mezzo passo, mano nella mano, si avviano al centro del salone.
Gli accordi sono minori, malinconici, profondamente ritmati, quasi a voler ricordare echi di guerra, la musica li avvolge, loro volteggiano di nota in nota, lei si muove con la noncurante sicurezza della sua forza, lui la asseconda in ogni passo, conoscendone ogni movenza, sapendo che tutto sarà perfetto, ora il salone sembra vuoto intorno al loro danzare, alcuni ventagli non sventolano più e qualche elsa è stretta più del necessario ma, loro continuano, occhi negli occhi nel silenzio di mille parole non dette a danzare, il cambio di ritmo rompe l'istante, gli accordi diventano aperti, ottimistici, quasi a voler dare una speranza, ma tutto torna normale, la folla, i rumori, la musica, il walzer è quasi finito, lui l'accompagna nell'ultimo perfetto andeor, lei fermandosi lo guarda e dopo un infinito istante, dice, tornerai?
Lui, risponde, ti prometto che ci proverò, lei, riportandosi il ventaglio al viso, dopo un brevissimo inchino si volta e, leggera come la bruma all'alba, esce dal salone.
Lui, incurante di quanti occhi seguano quel momento, la accompagna con lo sguardo fino a non vederla più, poi, incamminandosi verso un'altra vita, accoglie tra i suoi pensieri, due certezze, quella voce sarà sempre nel suo cuore e che, tutte quelle verdi sfumature dei suoi occhi, non le vedrà mai più.

Saluti

mercoledì 10 gennaio 2024

Olimpo, il detersivo degli dei.

Riconoscere i propri limiti, di 
per se, già ne sposta i confini.
                                Lorenzo Reschiglian


Non sono vecchio, non mi sento vecchio, ho 52 anni quindi non sono un giovinotto, ma sicuramente non sono vecchio, guardo poca televisione, ascolto moltissima radio, leggo libri, fruisco internet e seguo social, il tutto senza che l'una o l'altra cosa, mi diventi una mania, cioè non sono un internauta sfegatato, così come riesco a passare lunghe ore senza nessun contatto con qualsivoglia media o con chi che sia e se dimentico a casa lo smartphone quando esco, beh, vivo lo stesso, insomma lo star da solo non mi spaventa, tutt'altro. 

Potrei essere definito un eremita, un eremita con benefici...

Solitamente ho la mente occupata, dal lavoro o dalle attività in cui sono impegnato, quindi non sto molto a pensare su questa mia progressiva tendenza a isolarmi, anche perché "vivo" normalmente le necessità, cioè, vado a fare la spesa e seguo le normali attività familiari e, come già detto, per lavoro devo interfacciarmi con altre persone, già, le altre persone; ecco, qui forse c'è il nodo, il pensiero alla base della mia "eremitudine", cioè, non mi piace la gente, non tutta la gente ovviamente, perché mi piace chiacchierare e confrontarmi con altre persone, ma, questi interlocutori devono "darmi" qualcosa, mi spiego perché non c'è niente di "materiale" nel prossimo discorso, ne parlavo qualche giorno fa con l'amico Lorenzo, tendenzialmente non sopporto più le ciarle inutili, cioè tutte quelle parole e quelle persone e tutti quegli argomenti che non portano a nulla, il pour parler, le chiacchiere da ascensore, insomma tutto quel dar aria ai denti per evitare quegli imbarazzanti silenzi, silenzi che invece di imbarazzi ne eviterebbero; Oscar Wilde diceva: "A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio", o forse era Abraham Lincoln, vabbè il senso è chiaro, questo non significa che io non voglia più parlare, ne che mi reputo superiore a chicchessia, solo che parlare, tanto per parlare mi sfinisce, mi sfinisce tanto da rendermi indisponente e, non potendo mandare al diavolo l'inutile logorroico di turno, cerco di evitare il contatto, mi defilo se volete, scappo da ciò che non mi va, quindi mi eremitizzo... 

C'è qualcosa di profondamente sbagliato in questo comportamento, perché si dovrebbe essere sempre liberi di dire ciò che si pensa, nel momento che lo si pensa, a chi si pensa di doverlo dire, senza pensare a ciò che penserà chi ascolta ciò che pensiamo, io preferisco di gran lunga un sincero vaffanculo ad una falsa leccata e, tutto questo, non ha niente a che fare con il Politically Correct del cazzo, la sincerità può essere educata e ben esposta ma non può e non deve, cambiare il senso di se stessa, quindi, se non posso essere sincero, taccio. 

Ora, probabilmente non mi trasferirò in cima ad una montagna sferzata dalla bufera, lasciando solo che mi vengano i reumatismi e che mi cresca una luuuunga barba bianca, nell'attesa che un nanerottolo baffuto scopra quale biancheria sia più morbida, ma sicuramente parlerò di meno e, nondimeno limiterò quel che mi sentirò di dire, per le persone che apprezzo non cambierà niente, per tutte le altre, probabilmente non si accorgeranno nemmeno della differenza, perché chi è abituato ad ascoltare solo se stesso, ascolterà solo il vuoto che ha dentro. 

Saluti