domenica 3 marzo 2024

Ascoltando un walzer (Dmitri Shostakovich Waltz No. 2)

Ascoltare, a mente serena,
libera pensieri, fantasie e,
possono nascere, racconti...
                          Lorenzo Reschiglian


Immagino, un grande palazzo con il classico salone delle feste, entrando, da una parte, un po' isolata c'è un'orchestra che sommessamente suona in sottofondo, dall'altra tavoli gremiti di persone imbellettate e infiocchettate, dove eleganti camerieri si incrociano e affannano in richieste vanesie, chaperon bisbigliano futilità in orecchie distratte e, al centro un enorme spazio per danzare.
Il ricevimento non è particolarmente rumoroso, qualche posata tintinna, una bottiglia sboccia, tutto ovattato come si conviene in alta società, c'è un tranquillo chiacchiericcio, ogni tanto una risatina un po' più stridula, denuncia che non c'è solo nobiltà ai tavoli, però tutto è informale, nessuno sembra conoscere davvero nessun'altro, noblesse oblige...
La cena, stancamente volge al termine, il volume dell'orchestra si fa più presente, segno che si stanno per aprire le danze, cosi comincia il gioco degli sguardi, per lo più distratti, ventagli vengono agitati, qualche pacca sulle spalle, fa da eco a pensieri sicuramente non consoni al lignaggio, sembra che tutti guardino tutti, benché, in effetti pare che nessuno veda nessun'altro, in questa silenziosa bolgia, solo due occhi non riescono a staccarsi da altri due, e qui non ci sono occhiate di intesa, né sommese intenzioni o blande allusioni, no sotto quegli occhi non c'è nemmeno un sorriso...
Osservandoli distrattamente, si potrebbe dire che nemmeno si stiano guardando.
Ma loro, i proprietari di quegli sguardi, molto avrebbero da dire, se solo volessero guardare al passato, non lo faranno, hanno deciso così.
La musica, dopo una breve pausa e un ritmico ticchettio, alza nuovamente il volume, le danze sono aperte!
Diamine, un dannato walzer, lui si alza e, con movimenti calmi, misurati si dirige verso di lei, lei, lo segue con lo sguardo e il ventaglio che porta al viso, nasconde un accenno di sorriso, lui, mano sinistra agli alamari e destra leggermente protesa, fa schioccare i tacchi degli stivali, si inchina e, sempre occhi negli occhi, sussurra:
My Lady, mi concede questo ballo?
Lei, chiude il ventaglio e guardandolo come fosse la prima volta, accenna un piccolo movimento del capo e le porge la mano...
Lui la sfiora con un elegante baciamano e, precedendola di mezzo passo, mano nella mano, si avviano al centro del salone.
Gli accordi sono minori, malinconici, profondamente ritmati, quasi a voler ricordare echi di guerra, la musica li avvolge, loro volteggiano di nota in nota, lei si muove con la noncurante sicurezza della sua forza, lui la asseconda in ogni passo, conoscendone ogni movenza, sapendo che tutto sarà perfetto, ora il salone sembra vuoto intorno al loro danzare, alcuni ventagli non sventolano più e qualche elsa è stretta più del necessario ma, loro continuano, occhi negli occhi nel silenzio di mille parole non dette a danzare, il cambio di ritmo rompe l'istante, gli accordi diventano aperti, ottimistici, quasi a voler dare una speranza, ma tutto torna normale, la folla, i rumori, la musica, il walzer è quasi finito, lui l'accompagna nell'ultimo perfetto andeor, lei fermandosi lo guarda e dopo un infinito istante, dice, tornerai?
Lui, risponde, ti prometto che ci proverò, lei, riportandosi il ventaglio al viso, dopo un brevissimo inchino si volta e, leggera come la bruma all'alba, esce dal salone.
Lui, incurante di quanti occhi seguano quel momento, la accompagna con lo sguardo fino a non vederla più, poi, incamminandosi verso un'altra vita, accoglie tra i suoi pensieri, due certezze, quella voce sarà sempre nel suo cuore e che, tutte quelle verdi sfumature dei suoi occhi, non le vedrà mai più.

Saluti

mercoledì 10 gennaio 2024

Olimpo, il detersivo degli dei.

Riconoscere i propri limiti, di 
per se, già ne sposta i confini.
                                Lorenzo Reschiglian


Non sono vecchio, non mi sento vecchio, ho 52 anni quindi non sono un giovinotto, ma sicuramente non sono vecchio, guardo poca televisione, ascolto moltissima radio, leggo libri, fruisco internet e seguo social, il tutto senza che l'una o l'altra cosa, mi diventi una mania, cioè non sono un internauta sfegatato, così come riesco a passare lunghe ore senza nessun contatto con qualsivoglia media o con chi che sia e se dimentico a casa lo smartphone quando esco, beh, vivo lo stesso, insomma lo star da solo non mi spaventa, tutt'altro. 

Potrei essere definito un eremita, un eremita con benefici...

Solitamente ho la mente occupata, dal lavoro o dalle attività in cui sono impegnato, quindi non sto molto a pensare su questa mia progressiva tendenza a isolarmi, anche perché "vivo" normalmente le necessità, cioè, vado a fare la spesa e seguo le normali attività familiari e, come già detto, per lavoro devo interfacciarmi con altre persone, già, le altre persone; ecco, qui forse c'è il nodo, il pensiero alla base della mia "eremitudine", cioè, non mi piace la gente, non tutta la gente ovviamente, perché mi piace chiacchierare e confrontarmi con altre persone, ma, questi interlocutori devono "darmi" qualcosa, mi spiego perché non c'è niente di "materiale" nel prossimo discorso, ne parlavo qualche giorno fa con l'amico Lorenzo, tendenzialmente non sopporto più le ciarle inutili, cioè tutte quelle parole e quelle persone e tutti quegli argomenti che non portano a nulla, il pour parler, le chiacchiere da ascensore, insomma tutto quel dar aria ai denti per evitare quegli imbarazzanti silenzi, silenzi che invece di imbarazzi ne eviterebbero; Oscar Wilde diceva: "A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio", o forse era Abraham Lincoln, vabbè il senso è chiaro, questo non significa che io non voglia più parlare, ne che mi reputo superiore a chicchessia, solo che parlare, tanto per parlare mi sfinisce, mi sfinisce tanto da rendermi indisponente e, non potendo mandare al diavolo l'inutile logorroico di turno, cerco di evitare il contatto, mi defilo se volete, scappo da ciò che non mi va, quindi mi eremitizzo... 

C'è qualcosa di profondamente sbagliato in questo comportamento, perché si dovrebbe essere sempre liberi di dire ciò che si pensa, nel momento che lo si pensa, a chi si pensa di doverlo dire, senza pensare a ciò che penserà chi ascolta ciò che pensiamo, io preferisco di gran lunga un sincero vaffanculo ad una falsa leccata e, tutto questo, non ha niente a che fare con il Politically Correct del cazzo, la sincerità può essere educata e ben esposta ma non può e non deve, cambiare il senso di se stessa, quindi, se non posso essere sincero, taccio. 

Ora, probabilmente non mi trasferirò in cima ad una montagna sferzata dalla bufera, lasciando solo che mi vengano i reumatismi e che mi cresca una luuuunga barba bianca, nell'attesa che un nanerottolo baffuto scopra quale biancheria sia più morbida, ma sicuramente parlerò di meno e, nondimeno limiterò quel che mi sentirò di dire, per le persone che apprezzo non cambierà niente, per tutte le altre, probabilmente non si accorgeranno nemmeno della differenza, perché chi è abituato ad ascoltare solo se stesso, ascolterà solo il vuoto che ha dentro. 

Saluti

domenica 31 dicembre 2023

Ventitré o ventiquattro?

Ma dove andate, povere foglie gialle,
come tante farfalle spensierate?
Venite da lontano o da vicino?
Da un bosco o da un giardino?
E non sentite la malinconia,
del vento stesso che vi porta via?
                                         Trilussa


La rappresentazione classica del cambio di anno è: 
Un baldanzoso, biondissimo neonato che, senza nemmeno un cenno di saluto, prende il posto di un vecchio, grigio e logoro, piegato dalle ingiurie del tempo che ha subito.
Beh è un'immagine che non mi è mai piaciuta, perché l'anno "nuovo", per me non è la prima pagina di un libro mai aperto, ma l'ennesimo capitolo di quell'immenso racconto che è lo scorrere del tempo.
Magari non fosse così, magari fosse davvero un nuovo inizio, tutti i torti non solamente appianati, ma totalmente cancellati, i dolori, il malessere, i guai e tutto ciò che di negativo c'era nel "vecchio anno", sparito come se mai fosse esistito, ora a mezzanotte e poco più, tutto nuovo, una pagina intonsa e una penna carica del miglior inchiostro, liberi di inseguire i proponimenti gridati, pochi istanti prima, alla schiena del 2023...
Ma forse questa è solo la mia visione, quella di un cinquantenne (e più), disilluso, stanco e ammaccato, che fatica sempre di più nella sua (mia) logica da inguaribile ottimista.
Ottimismo sempre più costoso, faticoso ed edulcorato dallo spietato realismo che, la vita cerca, anche violentemente di inculcarci.
La vita, basta guardarsi in giro, tra i media, la vita sembra proprio che valga poco, che costi meno di un proiettile o di una michetta, troppo facilmente e troppe volte viene barattata per pochi spicci, per un cero di qualsivoglia religione, svenduta per faide perse nella memoria dei morti, questa vita, che è l'unica cosa che abbiamo, che è l'unica cosa che è veramente nostra e che, invece, buttiamo via seguendo mode assurde, necessità subliminali e bisogni pubblicitari, tutti a inseguire il sogno di Warhol, che se fosse vivo ora, probabilmente si darebbe all'ascetismo, altro che i fottuti 15 minuti di notorietà.
Sto divagando, sapete l'età, i troppi ricordi, sempre meno persone con le quali parlare veramente, faccia a faccia, non pigiando tasti nascosti da asettici schermi che mi negano il sentimento dello sguardo e l'ondivago tono delle parole...
Diventerò un orso brontolone, andrò in letargo tra le cadenti foglie di ottobre per risvegliarmi, solleticato dal profumo dei fiori di marzo, un anno più vecchio, con meno parole da dire, meno voglia di ascoltare, meno ricordi e una sempre più lunga lista di rimpianti.
Ecchecazz, non voglio chiudere l'anno con questa tristezza, dopo tutto ci sono stati dei gran bei momenti, attimi di pura felicità e amici che riempiono i polmoni di risate, quindi, anche se "numericamente", il brutto batte pesantemente il bello, io da malato di ottimismo quale voglio rimanere, non posso far altro che, alzare lo sguardo oltre la linea dell'orizzonte, cercando di capire cosa c'è appena più in là, per capire, per anticipare quel che verrà, foss'altro per prepararmi, o ad abbracciare un buon momento da condividere o per far da scudo ai miei cari all'ennesima mala bordata.
Va bene dai, il vecchio 2023 claudicando se ne va, mentre quello sbruffone del 2024, ignaro di ciò che lo aspetta, arriva carico di propositi che, in gran parte, tali resteranno, chissà, se tutto andrà bene tra 366 giorni saremo qui, di nuovo, a tirar i conti dell'anno appena trascorso, che tutto sommato non è una aspettativa da poco...

Buon 2024 a tutti.

venerdì 1 settembre 2023

Percezioni

I have become comfortably numb... 

                                  Roger Waters 


Gli avvenimenti di questi giorni, le violenze di gruppo, gli omicidi immotivatamente stupidi, non che ce ne siano di motivati o motivabili e i commenti, vergognosamente ancor peggiori, inevitabilmente, ahimè mi fanno pensare, cioè a me fanno pensare, perché guardandomi in giro, la percezione che ho è, che i più, se ne strafottono e, peggio vanno minimizzando quanto accade, così sento:

Eh, ma quelle se la sono cercata...

Oh, ma di cognome faceva Cutolo...

Ah, impossibile non sentire un treno...

E così via...

La virulenza dell'analfabetismo funzionale, riduce il ricordo dell'influenza Spagnola ad un innocuo raffreddore da fieno...
È la percezione che è cambiata, anche quindici o venti anni fa, succedevano centinaia di incidenti, disastri e violenze di ogni tipo, ma più erano distanti (chilometricamente), meno se ne percepiva la gravità o l'importanza, poi i fattacci "nostrani", chissà come, erano sempre relegati ad aree geografiche ben distinte...
Terroni, bauscia, isolani, polentoni, minchia minchia, faso tuto mi, pota pota, va tutto a schifio, tut al di a tirà la lima, il peperoncino e o mia bela madunina...
Ma per fortuna è arrivata l'internet, che con un click ha cancellato i confini, prendendo la merda di ovunque, facendola diventare di chiunque e, finalmente rendendo i più, insensibili a qualunque cosa succeda, insomma si sa, basta averne abbastanza per abituarsi a qualunque merda...
Credo di non dire nulla di nuovo, che se non si è completamente rincoglioniti, tutto è chiaramente sotto gli occhi, tutto è facilmente capibile e tutto, volendo è facilmente risolvibile, basta avere la voglia di tenere la testa fuori da quel mare di merda nel quale i media, la politica e gli scienziati da tastiera, cercano di affogarci, basta non assuefarsi all'odore, cerchiamo di tenere in movimento le rotelle dei nostri cervelli, lubrifichiamole con la conoscenza pulendole dai preconcetti, torniamo a vivere le nostre percezioni e le emozioni che ne derivano, senza che siano sporcate dal qualunquismo.
Mi fa schifo e mi fa male, vivevere in questa società dove, avere idee proprie è una debolezza, dove pensare sembra una malattia e l'essere altruisti, ti fa additare da imbroglione...
Torniamo ad essere i singoli elementi in un universo condiviso e condivisibile, una comunità certo, ma fatta di tante idee e di tante persone che, non si guardano per cercar difetti, ma che osservano insieme lo stesso orizzonte, condividendone il futuro. 

Saluti

sabato 8 ottobre 2022

il falò delle vacuità

Mi piace pensare, prendere del 

tempo per riflettere, cazzo, 

sto proprio invecchiando. 

                        Lorenzo Reschiglian


Velma della Mistery inc è lesbica, altra vittima sacrificale sull'altare LGBT, o meglio, un altro salto sul carrozzone del Politically Correct...
Quindi, Velma farà coming out seguita a breve da Fred, che diventerà un Metrosexual conduttore di stupidi programmi con  concorrenti inutili per un pubblico di decerebrati, Daphne smetterà i panni della ricca farlocca, per vestire quelli dell'Influencer, Shaggy, beh Shaggy rimarrà il fattone, che è sempre di moda ma, dovrà ingrassare perché nel gruppo ci deve essere un ciccione, infine, Scooby diventerà testimonial di un qualche prodotto per le emorroidi o l'opinionista, che è la stessa cosa.
A me, il Politically Correct, ha proprio rotto i coglioni, neanche vent'anni fa, se ad un conoscente, reo di aver vinto duecentomilalire al lotto, davi del culattone, questi rideva, mica ti denunciava al codacons, se tra amici parlavi del "Giorgione", capivi che tal dei tali era gay, mica che tutti i Giorgi erano gay, il ricchione non necessariamente era "ricchione", il frocio non era solamente "frocio", capite cosa intendo?
No?
M'importa sega!
Le parole, i discorsi vanno contestualizzati, e non solo, va capito chi dice cosa e a chi lo dice e come lo dice;
Due persone che si conoscono da una vita, possono parlare una lingua tutta loro, con parole che hanno un significato dovuto alle esperienze vissute insieme, fuori dalla sintassi, dalla grammatica o dalla fonetica "comune".
Negli ultimi anni l'interpretazione del parlato, ha generato mostri che sono andati ben al di là del buon senso; gli storici dell'accademia della crusca, sprizzano sangue dal naso ogni volta che guardano la tv, so di professori di italiano, impiccatisi arrotolando libri di grammatica...
Nanni Moretti gridava:
Le parole sono importanti!
Ed è quantomai vero, ma lo sono ancora di più i contesti nei quali, le parole sono pronunciate, troppe, troppe stronzate vengono sdoganate dal Politically Correct, troppi sapientoni da collo di bottiglia, sproloquiano su qualunque argomento, troppa troppa merda nella cloaca maxima del "sapere comune" svenduto dai media insieme al sensazionalismo merdaceo da click bat e, in tutto questo qual è il vero problema?
Il vero problema è che l'uomo medio (come razza, non come genere), legge sempre meno, studia il minimo indispensabile e non si tiene aggiornato su come gira il mondo.
I media, i social, la politica, tutto è organizzato per schiacciare la curiosità, per tenerci lontani dalla realtà, abboffandoci di sgargianti stronzate, per renderci schiavi e  consumatori senza pretese.
Torniamo a guardarci negli occhi, ricominciamo a parlarci guardandoci negli occhi e, soprattutto, rizziamo le orecchie, non solo per sentire cosa ci viene detto, ma per capire cosa ci viene detto, capire per poi avere idee, ma idee nostre, non i baluginanti liquami dove ci vogliono annegare.
Non alziamo gli occhi solo per imprecare contro inesistenti divinità, ma spalanchiamoli per non farci fregare dall'ennesimo figlio di androcchia!
Le parole sono importanti, capirle ancora di più, ragionarci sfiora la divinità...

Saluti

giovedì 22 settembre 2022

Siamo in divenire

Siamo oggi il risultato del viaggio fin qui vissuto, chi dice di essere "arrivato", probabilmente non è nemmeno mai partito.

            Lorenzo Reschiglian



Ho cinquant'anni, tanti? Troppi? Pochi? Boh, dipende dai giorni o, dai momenti che li compongono o, forse, da come vengono percepiti, io non ho certezze in merito, direi che mentalmente spazio tra i cinque e gli ottant'anni, fisicamente, beh dipende dagli orari...
Però, so ancora riconoscere i singoli momenti, buoni o cattivi che siano, so ancora divertirmi, riesco, spesso, a risultare stupito, soprattutto quando mi confronto con altre persone, ho una mente e una mentalità aperta e curiosa, sono ancora, malgrado tutto, un inguaribile ottimista, anche se, questo ottimismo viene sempre più spesso edulcorato dall'inesplicabile realismo dovuto, credo, all'esperienza maturata negli anni...
Non mi spaventa il futuro, almeno, non più di questo presente altalenante...
Cosa lasceremo ai nostri figli?
Un cazzo, che è quanto abbiamo avuto dai nostri genitori, che è più o meno, quello che hanno a loro volta ricevuto.
Dico questo sapendo benissimo che i tempi sono cambiati, se lo sono poi davvero cambiati, i nostri nonni hanno fatto la guerra, i nostri genitori il boom economico, noi la rivoluzione digitale, i nostri figli l'analfabetismo funzionale, quindi di merda e di Nutella, ce ne é stata e ce ne sarà per tutti, poi chi spalmerà cosa e quanto, beh si è visto e si vedrà...
Quelli della mia generazione trovo siano estremamente fortunati, abbiamo convissuto con i Pink Floyd, i Rolling Stones, i Duran Duran e gli Spandau Balett, con papa Giovanni e Nelson Mandela, con Camilleri e Rigoni Stern, con Sean Connery e Monica Vitti, con Stanley Kubrick e Sergio Leone e con loro, altre centinaia e centinaia di persone uniche che, purtroppo non potranno in nessun modo essere sostituite, perché il panorama odierno è avaro, quasi sterile nel fornire persone e personalità, capaci di reggere il giudizio del tempo.
La memoria è spesso fallace e, in più, tende a modificare, reprimere, cancellare i brutti ricordi, ingigantendo comode banalità al punto da farci credere di aver vissuto vite migliori...
Ho poche certezze, insegnatemi da persone capaci di prendere posto nel mio cuore, Odette, Papà e Mamma e tutti quelli che io chiamo famiglia certo, ma anche alcuni miei professori, Pino in cima alla lista, Rino e "la Rizzi", ed in un certo modo, Maristella, gli amici con la A maiuscola, Hermes, Daniela, Cristina, Francesca, Paula, Michele, Maurizio, Massimo, senza contare che chiunque incrociamo sul nostro sentiero, qualcosa prende e qualcosa da, almeno così per come la vedo io...
Si arriverà mai alla meta?
Si.
L'ultimo traguardo è inevitabile, per questo ci si deve sentire sempre in viaggio, per questo è sempre più importante il viaggio.
Sono un papà che sorride dei difetti di mio figlio e guardo con orgoglio i suoi pregi, cresce e sono contento di non vedere me in lui, sono contento di veder crescere in lui la sua personalità, con le sue incertezze ma pure con una buona dose di spavalda curiosità...
Cresce, noi con lui, noi rivivendo cose della nostra età passata, sperando possa, questa nostra esperienza, a lui servire da cuscino nelle sue inevitabili cadute.
Siamo in divenire, restando aperti e fiduciosi nell'avvenire...

Saluti

sabato 17 aprile 2021

Diseffetti collaterali

Animali, bestie, uomini e qualunque
commistione tra generi, specie, ecc...

                                                 Lorenzo Reschiglian


Vediamo, tra 50 anni diranno, la pandemia ha fatto anche cose buone, perché si sa che grazie al becero revisionismo, tutto si può cambiare, tutto col tempo, con la memoria corta e, soprattutto con la stupidità, tutto può essere messo sotto "luci migliori", e tanto ci sarà chi prenderà per buono qualunque cazzata salterà fuori. 
Molto probabilmente non sarà un mio problema, meno male, una scocciatura in meno.
Quindi non è di questo che voglio scrivere oggi, oggi l'argomento è sì il futuro, ma un futuro spiccio, un futuro a breve termine, quasi un futuro pret-à-porter...
Giorni fa, leggevo un interessante articoletto che già trovava qualcosa di buono in questa pandemia, ve la faccio breve, l'articolista magnificava i dati di vendita (vendita) di cani, con risultati che sfioravano il 900% rispetto all'anno precedente, si si, novecentopercento, i toni erano allegri, trionfalistici e puntavano principalmente in una direzione, la necessità di alleviare la solitudine indotta dalla pandemia...
Che brutto essere me, che penso sempre male delle persone, quindi proverò ad esternare solo qualche considerazione strettamente personale, ad esempio, dai, davvero i cani si comprano? Con tutto il randagismo che c'è e con i canili che esplodono? 
E' vero che l'articolo parla "genericamente" di dati di vendita, quindi si può sperare che nel numero vi siano anche i recuperi da canili, magari specificarlo non avrebbe guastato, poi, parlare della comprensibile solitudine di tutti questi esseri umani, obbligati a rischiare di sopravvivere standosene a casa attaccati ai social, io fatico a comprenderla, ok ok, dannati detrattori, io vivo in un bel posto dove non mi serve la scusa del cane, per uscire a passeggiare e di contro dovrei capire chi, stressato dalle solite quattro mura, senta la necessità di evadere per respirare un po' di sano smog cittadino, quindi dovrei anche capire che l'unico modo "legale" per uscire dalla opprimente quotidianità sia, portare a passeggio un cane; E lo capisco, cavoli ditemi di tutto tranne che io non possa capire, capisco capisco, capisco così bene che faccio finta di non vedere, quando sono io nella mia solitudine a camminare per le vie cittadine, i montarozzi di merda abbandonati ovunque dalla felicità quadrupedesca e dall'ignoranza bipede, faccio finta di non vedere i variopinti sacchettini merdacei buttati in ogni possibile angolo, che spesso formano simpaticissimi totem con mascherine e qualunque altro oggetto, il civilissimo essere umano, decida di buttare per terra. Quindi sì, capisco benissimo la necessità di aver compagnia in questi bui momenti, ma questi bui momenti finiranno, la pandemia sarà controllata, piano piano tutto tornerà alla "normalità", qualunque cosa sia la normalità, torneremo ad iscriverci in palestre che non frequenteremo, torneremo a non aver più bisogno dello jogging, ricominceremo a star bene a casa perché nessuno ci obbliga a starci e... e? 
E cazzo, adesso chi scende a pisciare il cane? 
E cazzo, pure piove, e cazzo pure fa freddo, nevica, c'è la partita, e cazzo, io l'ho portato stamattina e così via di cazzo in cazzo...
In un futuro non troppo lontano, le autostrade diventeranno un enorme cimitero canino a cielo aperto, i canili straborderanno, le città saranno invase da orde di scodinzolanti ex migliori amici dell'uomo, tante povere bestiole vittime della sconfinante ipocrisia di chi, in loro ha visto solo l'opportunità di sentirsi più furbo degli altri, migliaia di cuori spezzati da chi non può, non riesce capire l'amore incondizionato che muove ogni singola coda.
Animali da affezione, così dice la legge, affezione, quindi come si può giudicare chi quel sentimento non lo vive? 
Abbandonare un cane, un gatto o un qualunque animale da affezione è, oltre che un reato perseguibile, un gesto ignobile guidato dalla anaffettività, dalla stupidità e da una ingiustificabile ignoranza.
Questa pandemia, forse un giorno porterà qualcosa di buono, ma ora, oggi, nell'immediato, adesso, ascoltiamo i cuori dentro quei corpi pelosi.

Saluti

domenica 4 aprile 2021

Un giorno come gli altri?

In tre giorni si possono fare o
cambiare tante, ma tante cose, 
volendo.
                                    Lorenzo Reschiglian


Cambiamento, passaggio.

La pasqua, se tolta delle connotazioni religiose è questo e, in questo periodo la voglia, la necessità di cambiare è forte più che mai.
Cambiare, cambiare per tornare uguali a prima della pandemia, magari con un po' di consapevolezza in più, la consapevolezza della nostra precarietà, la consapevolezza di quante cose ritenute necessarie, in realtà non lo siano e di quante le diamo per scontate, accorgendoci poi che non lo sono affatto.
Allora auguriamoci buona pasqua, dicendoci buon cambiamento, per non dimenticare chi siamo, per cancellare il "distanziamento sociale" ma, ma senza dimenticare che, se al supermercato non si deve star appiccicati l'uno a l'altro, non lo si deve fare semplicemente per evitare il contagio, ma per rispetto degli spazi altrui e sana educazione.
Siamo umani, nasciamo con la naturale necessità di contatto, siamo animali sociali, ma troppo spesso confondiamo la viva interazione con la "socialità da tastiera", restiamo umani, non lasciamo che ci facciano dimenticare quanto siano belli gli abbracci, quanto sia necessario parlarsi, ascoltarsi, viversi... 
Dobbiamo tornare a sentire le farfalle nello stomaco, quelle nell'attesa ti incontrare qualcuno, la gioia di passare del tempo con qualcuno, starsi tanto vicini da sentire il respiro di chi parla, tanto vicini da sentire il sapore delle parole.
Non ci dobbiamo abituare alle relazioni tra schermi, alla fredda, distaccata interazione tra microfoni, non voglio dire, ti amo, ad un mucchio di pixel's, voglio emozionarmi, sentire il cuore che rimbalza, voglio la paura delle reazioni di chi mi ascolta, ecco, voglio la paura, il timore di ciò che può succedere quando parli occhi negli occhi, quando non ci sono filtri, quando non puoi fingere di non essere ciò che sei.
Voglio la verità che vive nella realtà e nella realtà, spesso la verità fa male.
Il mondo è sempre più piccolo, basta un click per "essere" ovunque e per essere "chiunque", il mondo è sempre più connesso, interlacciato, pubblico e disponibile, ma anche distorto, piegato alle esigenze di chi vuole controllarlo.
Controllo, ecco cosa raggiungono tenendoci sempre più davanti a computer, televisione o smartphone, controllo, sapere dove siamo, cosa facciamo, cosa diciamo e a chi, controllo per farci pensare tutti allo stesso modo, per "guidarci" verso le necessità che ci faranno credere di volere.
Allora la pasqua non deve essere uova, colombe o conigli ma, cambiamento.
Torniamo a pensare, torniamo a ragionare, a discutere, torniamo ad imparare cercando i perché, torniamo, cominciamo a leggere buoni libri, lasciamo siano loro a farci viaggiare, lasciamo che ci risveglino i sogni e tornare a immaginare...
Vogliono chiuderci in una "realtà" comoda per noi e remunerativa per loro, la pubblicità serve a farci desiderare ciò che non ci serve.
Non siamo noi a guardare il grande fratello è il grande fratello che controlla noi.
Ci vogliono togliere la fantasia.
Io voglio guardare negli occhi le persone, non perché sono l'unica cosa fuori dalla mascherina, ma perché è lì che risiedono le emozioni ed io voglio continuare ad emozionarmi, voglio fantasticare sulle reazioni che quegli occhi avranno alle mie parole.
Voglio vivere sentendomi vivo.
Quindi, buon cambiamento, cambiamo per restare noi stessi, senza che ci cambino in ciò che non siamo.

Saluti.

domenica 28 febbraio 2021

Dissentite condoglianze

Il mondo va a rotoli perché è 
piatto come una pizza, ma
sarebbe molto peggio se 
fosse un supplì! 
                           Lorenzo Reschiglian


Che bella la pandemia, che allegria il gioco arcobalenesco regionale, che forza tenere la conta contagiati/defunti, vaccinati/guariti, che goduria il balletto delle percentuali eppoi, tutti questi piccoli imprenditori, questi ristoratori, insomma tutta questa marmaglia froda fisco, tutti questi affossatori del sistema, finalmente finiranno sul lastrico e, con loro, tutte le quote rosa, gialle, verdi e nere, tutta gente che potrà rimpinguare il numero di chi può attaccarsi alla tetta dello stato, la grossa, gonfia e amorevole tettona dello stato che, miracolosamente sfamerà tutti senza gravare su nessuno. 

Viva il Covid, viva la politica, viva l'economia circolare, viva L'Italia e viva le tette!

Questo è senza dubbio il miglior periodo degli ultimi 20/30 anni, mai come ora, l'italia e gli italiani, si sentono ben oltre che europeisti, siamo diventati globalisti, direi quasi globaglioni, sì, finalmente amiamo tutti, non guardiamo più all'estero come ad una bestia feroce pronta a mangiarci, no no, le possibilità aumentano al pari dei decessi, le opportunità sono seconde solo al numero dei contagiati, e noi, meglio di chiunque altro al mondo, siamo abili sguazzatori nei residui fecatori mondiali, noi come tutti su questa pizza planetaria, finalmente possiamo buttarci alle spalle qualunque inutile identità nazionale per diventare, un popolo qualunque in mezzo a popoli qualunqui, insomma un mucchio eterogeneo di insignificanti numeri statistici.

Grazie pandemia, che hai livellato le disparità, abbassando tutti a punta spilli per le case farmaceutiche e, grazie, grazie farmacopea mondiale per la disinteressata necessità che operi al raggiungimento della tua ricchezza, grazie per l'impegno che profondi per tenerci in vita, anche a qualunque costo noi si possa sostenere, finalmente una malattia giusta, una malattia che uccide solo chi lo merita, tutto come in natura, muoiono gli anziani, muoiono i deboli, gli indifesi e, diciamolo, muore chi non si merita di vivere, chi non risponde alle cure, insomma muoiono gli ingrati, i sobillatori, muore chi non si piega al quid pro quo comune, il motto mors tua pecunia mea, farà parte di tutti i bugiardini dei medicinali.

Finalmente l'umanità è unita sotto un unica bandiera, finalmente chiunque può sbattersene il cazzo di chiunque.

Che bello.

Saluti



mercoledì 6 gennaio 2021

Occhi

E va bene duemilaventi, anche tu sei passato, 
ammettiamolo, non sei stato un granché, forse 
non è tutta colpa tua, forse Paolo Fox doveva 
farsi gli affari suoi, forse l'antico detto "anno 
bisesto anno funesto" è più azzeccato che mai, 
sta di fatto che, finalmente il duemilaventuno si 
sta pulendo i piedi sul tuo logoro zerbino...
Sarà peggio? Vedremo...
Sarà meglio? Beh ci vorrà poco per essere meglio...
Comunque sia, a mezzanotte, io brinderò più per 
salutare te che te ne vai, piuttosto che per dare il 
benvenuto al nuovo anno, perché lui ha ancora 
tutto da dimostrare ma tu, sono contento più 
che mai di saperti chiuso.
Ciao duemilaventi, credo non mancherai a nessuno.
                                                            Lorenzo Reschiglian


Questa lunga premessa l'ho usata come saluto al duemilaventi.
Ma il duemilaventi appena concluso è stato uno sfacelo totale o qualcosa di buono riusciamo a cavarlo?
Certo il fattore "virus" ha giocato il ruolo di star incontrastata, ma ci sono, a mio sindacalissimo giudizio, situazioni peggiori e, volutamente, non entro nei soliti discorsi politici o pseudo tali, perché ritengo serva solamente una briciola di buon senso, per dare il giusto peso ai vari sproloquiatori banderuolanti, non parlerò nemmeno di tutti gli scienziati da tastiera, ne dei luminari da social e, men che meno, di tutti i modernissimi hater's, che a furia di odiare qualunque cosa non capiscano, si ritroveranno ad odiare anche se stessi.
A me, il duemilaventi, ha soprattutto fatto pensare.
Pensare, diamine che vocabolo obsoleto in questo mondo sempre più tecnologico.
Viviamo su un umidiccio sasso sospeso nel nulla, in fondo Gaia questo è, pochi chilometri al di sopra delle nostre teste non c'è più niente, nel senso che l'universo è stracolmo di roba, ma per noi, finita l'aria e con essa la vita, non c'è più niente...
Siamo meno del più infinitesimale granello di polvere, rispetto alla vastità dell''universo, eppure su questo minuscolo granello vivono decine e decine di miliardi di esseri viventi, tra questi, il genere umano...
Ora, non è che ad un armadillo si può chiedere di fare più di quello che fa, mangia, caca e scopa, di tutto il resto, all'armadillo non interessa niente, mica perché è stronzo, ma perché le sue necessità sono limitate alla sopravvivenza e finché per tutti gli abitanti della terra è stato lo stesso, tuuuutto andava bene.
Poi?
L'evoluzione...
Milioni e milioni di anni ad evolverci, per arrivare a questo? Per arrivare al grande fratello, all'isola dei famosi, a Pippo Baudo, alla fame nel mondo, ai prezzi virgolanovantanove, alle guerre, alla pubblicità e al menefreghismo globale?
Chissà come sarebbe il mondo se si fossero evoluti gli armadilli...
Tra le peggiori notizie sentite è che, per la prima volta dopo decenni, il QI mondiale non sta crescendo, a questa aggiungiamo quella sul globale impoverimento lessicale e al sempre maggiore utilizzo dei social, per dare, a mio avviso, uno sguardo veramente sconfortante al futuro...
La colpa o le colpe, ovviamente ci sono già state offerte, su argentei piatti dai media; quindi l'impoverimento lessicale è dovuto, dicono loro, dall'uso delle messaggerie istantanee, mentre il decremento del QI, sarebbe il normale "assestarsi" del crescere umano...
Chissà cosa vorrà dire... 
Io so che l'Italia è tra gli ultimi posti nell'acquisto di libri, in compenso è tra i primi nella classifica dei paesi con più cellulari pro capite... 
Doloroso. 
Poi si leggono notizie tipo: Farmacista manomette vaccino convinto che, l'inoculazione, possa modificare il dna umano...
Ora, potrai anche essere un folle o un negazionista, cazzi tuoi, ma appenditi tu alla forca della stupidità, lascia al resto del mondo la libertà di sbagliare a modo proprio.
Del resto cosa ci si può aspettare dal genere umano?
Abbiamo inventato l'orologio e con esso, la premura e il ritardo, abbiamo scoperto come funziona il sole e quindi a lanciare bombe nucleari, abbiamo inventato la psicologia, per dar del matto a chi non si uniforma, abbiamo scoperto l'empatia e le emozioni, relegando ad un bambolotto il compito di insegnarle ai nostri figli, lasciando così più tempo ai "genitori" per stare sui social a mandarsi emoji, bruciando punti di QI e dimenticando vocaboli desueti.
Desueto, qua lo sappiamo in una manciata...
Qui l'intelligenza diventerà il destreggiarsi tra il nulla, l'intelligente sarà colui che dimostrerà la non capacità, il genio chi riuscirà a trarne vantaggio.
Perché c'è sempre chi, anche dal niente, riesce a trarre un vantaggio personale.
Io spero, con questa allegoria, di aver spiegato cosa penso e, ancora di più, spero di aver usato il vocabolo "allegoria" nel modo giusto, sicuro comunque che, al bisogno, l'insostituibile Pino mi correggerà.
Il mondo continuerà il suo cammino, noi poco meno che spettatori, verremo trasportati in luoghi fantastici, dove favola e realtà non si distinguono, in mezzo a persone incredibili con mille esperienze da raccontare, tra milioni di imperdibili emozioni ognuna capace di farci crescere, un universo nel quale ogni granello di sabbia, anche il più infinitesimale è una impareggiabile vita piena di altre vite, idee e sogni, in un interminabile susseguirsi di sapere e conoscenza, il tutto senza che i più nemmeno se ne accorgano.
Che spreco.

Saluti

domenica 31 maggio 2020

aspettando

Tanto più è grande la
paura di morire, quanto
più è grande la sua
rappresentazione. 
       Lorenzo Reschiglian 


Ho visto uomini morire, solo per non aver voglia di vivere.

La morte. 

La morte, in fondo in fondo, che cosa è? 
Un istante. 
Un istante sul cui passare, solitamente, non si ha alcun controllo. 
Vivo, un istante, morto. 
Se ci si soffermasse un po' di più, sull'immediatezza di quell'istante forse, forse si opererebbero scelte diverse, anche se, in effetti ogni scelta non è altro che, un istante...
La vita e la morte, come due innamorati, camminano sempre fianco a fianco, trovandosi infine abbracciati, come novelli sposi.

Ho 48 anni. 
Pochi, tanti, non conta. 
Ho vissuto la morte, il suo passaggio mi ha lasciato rughe sul viso, cicatrici sul cuore, ricordi, rimpianti e rimorsi nella mente.
Ho vissuto la morte attraverso gli occhi di chi, passa quell'istante. 
Il tempo si dilata. 
Il tac, non segue il tic...
Il diaframma resta sospeso...
Silenzio...
Tac... 
I polmoni si svuotano. 
Guardo l'involucro di ciò che più non c'è.
Una vita, un istante, un involucro. 
Tutto quello che era, ricordi. 
Tutto quello che avrei voluto, rimpianti.
Tutto quello che sarò, rimorsi. 
Ti accorgi di quanto è importante una persona, quando questa non c'è più. 
Che profonda banalità. 
Se vivessimo i rapporti con la certezza che avranno fine, li vivremmo nella loro pienezza? 

No. 

L'incertezza è l'unica certezza. 
Anche la morte non è una "certezza", arriverà di sicuro, il quando... 
L'uomo, quasi mai ha la presenza di quel quando, quasi mai si aspetta l'istante...

All'uomo, la morte, capita. 

In natura è tutto diverso.
Lontano dalla follia umana, i cicli vitali, sono gestiti senza l'interesse, senza l'inutilità del superfluo, esiste solo il destino, cioè, il chi è destinato a cosa, in un susseguirsi circolare di vita che richiede altra vita per generare nuova vita. 

Gli animali, sanno. 

Sanno perché sentono, sentono che la loro morte è vicina. 
Ma nella vita degli istinti, la morte, ne è solo l'ennesimo, niente pianti, niente menate, solo ciò che è. 
Ho due gatti, effettivamente ne ho molti di più, ma questi due, questi due sanno... 
Sanno, l'istinto non sbaglia, sanno.
Sono arrivato a questa considerazione, vivendo questo periodo, quello che va dalla loro consapevolezza, fino ad arrivare al loro ultimo respiro. 
Loro sanno e fanno di tutto per essere presenti, sanno che il loro tempo è limitato e decidono di donarlo a chi li ama. 
Loro mi saltano addosso, si sfregano, si allungano e si aggrappano, non per aggrapparsi alla vita, ma per lasciare quanto più possono, di loro, nei miei ricordi.
Niente rappresentazioni, nessun rituale, semplicemente chiudono gli occhi su questa vita, poi attraverseranno il ponte, non guidati dall'ultimo istinto, ma dalla consapevolezza di aver fatto tutto ciò che potevano fare.

Saluti

domenica 29 dicembre 2019

Ecco il solito post di fine anno...

Io sono responsabile di 
quello che dico, non di 
quello che capisci tu.

                         Massimo Troisi


Le parole sono importanti, urlava esasperato Nanni Moretti in Palombella Rossa; Esasperato più dalle parole stesse, che dall'uso improprio che l'interlocutrice ne faceva.

Le parole sono importanti, credo sia una verità assoluta.

la moderna società ci sta forzatamente obbligando a cambiare idea, spingendoci sul baratro del "tono" col quale, le parole sono pronunciate...
Che follia.
Come se dire ti amo, bisbigliandolo all'orecchio sia diverso che urlarlo dal balcone di casa, non è comunque sempre amore?
Anzi a dirla tutta, preferisco urlarlo dal balcone, dimostrando di non aver paura di esprimere il sentimento, piuttosto che bisbigliarlo, quasi fossi timoroso e insicuro di ciò che dico.
Capiamoci, ovviamente c'è il momento per urlare e quello per bisbigliare, ma se seguite i miei scritti, sapete cosa intendo.
Ma torniamo ai toni, i media sono soliti puntare sui titoloni ad effetto, poche parole mirate a solleticare la curiosità, portandoci a occuparci di notiziuccole senza senso, utili solo a spostare l'attenzione da quelli che dovrebbero essere le cose importanti.
Dovrebbero.
Il condizionale è d'obbligo, visto il graduale impoverimento cerebrale che l'umanità sta subendo.
Oggi il popolo mediatico, occupato com'è a farsi selfie, utilizzando smartphone che potrebbero far funzionare uno shuttle, poco è interessato a ciò che accade nel mondo, a meno che, non arrivi tramite notifica sul telefono stesso, poi, senza nemmeno leggere l'articolo e tramite l'applicazione, si genera un commento sagace e poco importa se non ha nulla a che vedere con la notizia in questione, l'importante è esserci, fare numero, avere like e per avere like, ti do il mio like, l'equivalente "tecnologico" del buon caro vecchio, voto di scambio...
le parole sono importanti?
Forse, ma lo sono di più le inflessioni, gli accenti, le sottolineature che la voce, quando sapientemente ammaestrata, sa conferire alle parole che produce.
In questi tempi social, non è quasi più importante cosa si dice, ma come lo si dice, ok ok, non è una novità, già quell'imbecille di Hitler aveva capito l'arte di salmodiare le folle, ma vorrei dire che 70/80 anni fa, il popolo sapeva solo quello che gli veniva detto, oggi la globalizzazione ci può aprire ogni confine e, volendolo fare, ci possiamo riempire di qualunque conoscenza mondialmente disponibile, quindi dovremmo essere moooolto più intelligenti, e con questo essere meno inclini all'ammorbamento tipico delle dittature.
Dovremmo.
Altro condizionale d'obbligo, visto che in realtà, proprio grazie ai social, una "nuova" generazione di politici, blatera inutilmente e come lo fa? Utilizzando paroloni altisonanti, con toni ammiccanti e inflessioni confortanti, riuscendo a farci digerire merdate razzistiche e razziali, ci rimpinzano come oche all'ingrasso, di proponimenti paradisiaci e mentre noi sorridiamo goduti, loro ci spennano fino a strapparci la pelle.
L'imperativo è: Esserci, apparire, farsi vedere, fare numero, muovere le masse, allargare il gregge...
Accarezzare l'agnello mentre lo si uccide.

Le parole sono importanti.
Per me si, lo sono sempre state e sempre lo saranno, non ho paura di dire quello che penso e meno ancora, di pensare a quel che dico, ascoltando tutti ma, col cervello acceso, senza farmi rabbonire da toni confortanti o inflessioni amichevoli, io ascolto le parole e se queste hanno un senso, una utilità, preferisco e sempre preferirò, un sincero, magari urlato vaffanculo, piuttosto che un ti amo falso e bisbigliato.

Saluti

P.s, vi siete accorti che il titolo del post, non c'entra niente col post stesso?

lunedì 11 novembre 2019

Verso 103

La dimensione delle cose
è assolutamente relativa,
provate a parlarne con un
pescatore...

                  Reschiglian Lorenzo



Lei/lui era l'amore della mia vita...
Questa frase è quasi sempre declinata al passato, perché?

Lei/lui, era quanto di meglio potessi avere dalla vita...
Anche questa, sempre al passato, perché?

Forse perché lei/lui erano perfetti per l'altro/l'altra ma, ma non viceversa?
Forse perché l'amore è una questione complessa non riducibile agli occhi a cuoricino o al batticuore del colpo di fulmine?
O forse perché siamo così pigri da accontentarci di quel che capita, per poi diventare ancora più pigri, una volta mollati, tanto da non aver altro che piangerci addosso?
Sappiate che piangersi addosso costa poco, meno ancora crogiolarsi nella tristezza indotta dal divano, se poi abbiamo la sfiga (loro) di aver amici che ci ascoltano, oooobeh, allora possiamo anche metterci a lutto...

Perché l'amore della nostra vita ci ha mollato? 
Fatto salvo che fosse veramente l'amore della nostra vita e che lei/lui, lo sapesse...
Perché anche i grandi amori finiscono?
Beh, ci sono motivi validissimi e inoppugnabili, tipo che uno dei due defunga e lì, lì non ci sono cazzi, ma neanche colpe, a meno che, non sia stato il/la partner a farlo/la secco/a, ma a questo punto non parlerei più dell'amore della vita, ma di soggetti malati che non hanno la minima idea di cosa significhi amare...
Il discorso si ingarbuglierebbe oltre misura, quindi...
Restiamo sui vivi...
Perché anche i grandi amori, finiscono...
Non lo so.
Esaminiamo i fatti...
Siamo innamorati? Si, l'uno dell'altra? Si, abbiamo progetti comuni? Si, anche con punti di vista diversi? Si, che affrontiamo insieme senza prevaricazioni? Si, quindi c'è rispetto reciproco? Si, anche quando ci sono torti evidenti? Si, è importante chi guadagna di più? No, anche nel dar peso alle priorità? No, i ruoli sono differenti? No, anche nella educazione dei figli? No, c'è un genitore dominante? No, nemmeno nell'indicare le scelte per i figli? No, ci si nasconde alcunché? No.
Bon, allora tutto dovrebbe funzionare perfettamente e per sempre...
Dovrebbe...
Dovrebbe, ma non è sempre cosi.
Non è sempre cosi, perché tra il dire e il fare, c'è di mezzo la realtà di tutti i giorni.
Realtà fatta di felicità certo, ma anche di problemi non sempre affrontabili in due, problemi che siamo incapaci ad affrontare, che ci spaventano o dei quali ci vergogniamo, le onnipresenti aspettative, le nostre o quelle altrui, aspettative capaci di distrarci anche dalla realtà, cercando una "realtà" diversa, tanto diversa dal confondersi con sogni e favole.
Amarsi è un lavoro.
Un lavoro continuo, difficile e faticoso.
Un lavoro da fare in due.
Se si è in due, resta un lavoro continuo, difficile e faticoso ma, gli sforzi vengono abbondantemente ripagati e le soddisfazioni non mancano.
Che mielosa ovvietà, direte voi...
Di ovvio, in amore non c'è niente.
Perché?
Perché quante coppie restano "unite" grazie alla fatica del singolo? Quante persone, piuttosto che niente, restano nell'ombra di chi non ha nemmeno la propria di luce? Quante coppie sono formate da individui che restano e si sentono comunque soli?
Forse i grandi amori finisco perché, in fondo, tanto grandi non sono, lo vorremmo, lo speriamo, magari ci lavoriamo anche molto ma, ma se li spogliamo di tutti i nostri sforzi, forse alcuni grandi amori lo sono, perché noi abbiamo bisogno di vederli cosi...
Eppoi.
Eppoi penso che a volte le cose, semplicemente finiscono.
Anche i grandi amori, anche quelli veri, semplicemente finiscono.
Siamo in cammino, abbiamo strade da intraprendere in continuazione, scelte che avranno conseguenze, necessità da seguire, certezze da trovare, la vita è in divenire, c'è chi avrà la fortuna di farla al fianco di una persona, chi invece ne avrà tante e sarà ugualmente fortunata e chi sarà fortunata rimanendo se stessa, anche da sola.
Noi dobbiamo amarci, poi amare e farci amare.

Saluti

martedì 15 ottobre 2019

L'amore e altre stupidaggini

Alla mia età, ogni tanto, 
capita di fermarsi a pensare...
Poi, per fortuna, passa...
Tutto passa.

                   Reschiglian Lorenzo


Quante volte ho sentito la frase, il primo amore non si scorda mai?
Centinaia e centinaia di volte...
Sarà vero?
Probabilmente si.
Per me no.
No non nel senso che non credo sia così, solo non mi sento sicuro su quale sia stato il mio primo amore...
Troppa confusione in quei periodi, troppe emozioni, troppe cose nuove, troppe sensazioni uguali e contrastanti, troppa stupidera...
Troppe (?) amiche?
Monica, già ribelle allora?
Cristina e le sue efelidi?
Luigia dalla risata travolgente?
Daniela l'omnicomprensiva?
Laura dall'anima curiosa?
Tutte?
O forse no?
Troppo bassa l'età anagrafica...
Forse...
Però ho vivi ricordi per ognuna di loro, stupendi momenti di complicità, devastanti rifiuti e nodi allo stomaco...
Ma posso parlare del mio primo amore?
A quella età?
Si, di primo amore per quella età.
Poi, poi cresco...
Forse un po' maturo, o meglio, maturano in me esigenze, sensazioni e sentimenti nuovi, quello che è stato, lo archivio come amore fanciullesco, quello dove più o meno, sembra di essere in una favola, quindi gli ormoni prendono il sopravvento sui sogni e il desiderio scansa il buon senso, lo stare insieme fisico detta i suoi tempi, lasciandone ben poco all'affinità mentale.
Li c'è il vero amore?
Si, c'è l'amore verso me stesso, l'amore nella sublimazione del mio ego.
E dopo che mi sono trovato?
Dopo aver visto che non sono poi tanto diverso dalla massa?
Ci rimango un po' male.
Picchiare la faccia contro chi sono, rispetto a ciò che credevo di essere, beh un po' è fastidioso...
Mi ha lasciato si, vuoto ma anche con il tempo per pensare.
Magari, il primo amore, non è il primo amore, ma il primo nel quale ti senti realizzato, il primo che senti "necessario", nel senso che necessita di lavoro, di impegno, di continuità.
Forse il primo amore è l'ultimo.
L'ultimo perché non sento il bisogno d'altro, l'ultimo perché ho avuto il primo e tanti altri primi amori, primi perché nuovi, diversi e giusti per quei momenti dove sono nati, vissuti e finiti. 
Eppoi?
Chiudo cosi?
Mmmm... 
No, perché non sono un veggente, quindi non so se questo mio ultimo, primo amore sia l'ultimo o il primo o l'ultimo dei primi o primo degli ultimi...
Dopo tutto, ho solo 47 anni, un'inezia nella vastità del tempo...

Saluti

domenica 29 settembre 2019

Greta Thunberg e il 1988...

Ah che bello il mondo, sembra un
bel posto dove stare, peccato ci 
siano tutti questi esseri umani...
                                        Anonimo


Nel 1988 avevo 16 anni.
Vi ricordate voi, cosa facevate chi eravate quando avevate 16 anni?
Io si.
Lavoravo già, pure da un po' e mettevo via i soldi per comprarmi la moto, ero un po' stufo di andare in giro col vecchio motorino scassato, un Motobecane avuto dalla sorella di mio papà.
Comprai una Fantic Motor Strada 125 sport, una moto ormai fuori produzione, un fondo di magazzino che non voleva nessuno, una moto bruttina rispetto ai bolidi dell'epoca, ma costava poco era nuova ed era mia...
Ce l'ho ancora nel cuore, come tante altre cose di quegli anni, la pizza, Daniela, gli ormoni...
I sedici anni, li ho vissuti come se fossero il primo passo verso l'età adulta, il primo assaggio di responsabilità.
Insomma, al contrario di quasi tutti i miei coetanei, non andavo alle superiori, non studiavo per prendere il famoso pezzo di carta, ma su un pezzo di carta, apposi la firma per quello che fu il mio primo vero acquisto.
Ero felice, vuoi per la moto ma anche perché, mi sentivo grande.
Si parlava di ecologia nel 1988?
Si, si se ne parlava, ricordo qualche trasmissione, forse l'inossidabile Piero Angela in Quark, ricordo di qualche discussione fatta con gli amici nel fine settimana, dell'inquinamento dovuto ai gas di scarico dei motori, sapevo che la mia due tempi, inquinava molto di più di una quattro tempi, ma le quattro tempi non andavano nemmeno a spingerle eppoi, eppoi io ero figlio delle due tempi, del serbatoio dell'olio separato, del fumo azzurro, delle miscele troppo grasse, dei motori ingolfati, dell'odore di bruciato e delle fiammate dalle marmitte.
A sedici anni, non me ne fregava un cazzo dell'ecologia, il mondo era verde il cielo blu e io correvo ovunque con la mia moto, da un benzinaio all'altro, odiavo i semafori rossi, gli stop e qualunque limite alla mia libertà, volevo solo andare in moto, non importava se faceva freddo o caldo, se piovesse o no, se avessi o meno una meta da raggiungere, casco in testa e via, fuori dal mondo dei più, perso nei miei sogni con gli occhi pieni di asfalto e il cuore nell'acceleratore...
Non ho rimpianti di quei tempi, qualche rimorso si, dovuto più che altro a tutti quegli inutili rischi corsi a causa dell'età, del mezzo e del poco cervello...
Il santo protettore degli incoscienti esiste, ne sono certo.
Per fortuna i tempi cambiano, non sempre in meglio, ma cambiano...
Greta Thunberg ha sedici anni ed è nata il mio stesso giorno, il tre gennaio, questo è tutto ciò che abbiamo in comune.
Greta ha sedici anni, per quanto ne so non ha la moto e non ha intenzione di comprarne, quando non sciopera va a scuola, quando non è in giro a litigare con governi e governanti, va a scuola, quando non ha niente da fare va a scuola.
Questo è quanto si evince dalla sua biografia pubblica.
Pochino in vero.
Però sappiamo che è vegana, quasi fosse una malattia, sappiamo che ha la mamma fica, come se fosse colpa sua, sappiamo che ha la sindrome di Asperger ed è per questo, signori è per questo che è una rompi coglioni.
Una musona, invadente, pedante rompi coglioni.
O almeno, questa è l'immagine di lei che vogliono farci passare.
La macchina del fango non fa sconti a nessuno, nemmeno ad una ragazzina che sa quello che dice.
Greta non solo sa quello che dice, sa anche come dirlo, quando e dove, poi quello che dice non piace, non piace agli speculatori, non piace a chi fa soldi fregandosene ti tutto e di tutti, non piace a quei governi e governanti che guardano solo ai propri interessi, ma soprattutto non piace agli ignoranti e a tutti quelli che, tenendo il cervello spento, si bevono tutte le stronzate che quei governi e governanti sparano per tenersi l'elettorato vicino e a cervello spento.
Purtroppo per Greta, gli ignoranti, i succubi e gli zombi senza cervello, sono la maggioranza, maggioranza che rimane anche quando si fa la conta tra i governi e i governanti.
L'ecologia è fica, ma non fa soldo.
L'avevo scritto già tanto tanto tempo fa, l'ecologia non fa soldi, o meglio, ancora non ne fa abbastanza, troppo remunerativo è ancora il mercato del fossile, troppi soldi ancora si guadagnano inquinando ma, ma secondo me, e non so se sia una speranza in cui credere è solo questione di tempo, tempo perché il cervellone di turno trovi il sistema di rendere l'ecologia, non utile ma remunerativa, verrà trovato il modo di stra guadagnarci come con il fossile, allora vedrete che in quattro e quattr'otto diventeremo tutti green friendly, tutti con mezzi elettrici, tutti educati, puliti e consapevoli...
Nel frattempo, sperando che di tempo ce ne sia abbastanza, continueremo a spalare fango su chi è più intelligente di noi, lavandoci poi le mani per guidare le nostre macchine ibride, buone solo a farci passare per (finti) ecologisti, sebbene ce ne freghiamo o non sappiamo, che per produrre auto ibride, si inquina di più che per produrre auto normali e in più, come già scritto in un altro post, quando queste auto saranno da rottamare, dove andranno a finire le pericolose, esplosive e stra inquinanti batterie che le muovono? E quanto costerà smaltirle al proprietario?
L'ecologia, la cura del pianeta è roba seria, una questione che va ben al di là del chiudere il rubinetto mentre ci si lava i denti o dello spegnere gli stand by degli elettrodomestici, non dico sia inutile, tutto aiuta ma per mille o centomila persone che spengono una lampadina, ci sarà un industria guidata dal senza scrupoli di turno, che inquinerà centomila volte più di tutte le lampadine spente da noi, questo è il problema ed è qui che la macchina del fango lavora, nel deviare le colpe, cosi siamo noi che inquiniamo guidando le nostre macchine, non chi le produce, siamo noi che inquiniamo accendendo i condizionatori in casa, non chi produce la corrente bruciando carbone, noi la colpa è solo nostra...
E in parte, grossa parte è vero.
L'auto ormai la usiamo a sproposito, innalzandola a status, usare i mezzi pubblici, anche la dove funzionano, non fa figo, i condizionatori poi se non vengono tenuti a temperature che farebbero rabbrividire un pinguino è come non averli.
Certo che la gran parte della colpa è nostra, del popolino bue che senza cervello fa quello che i media dicono loro di fare ed è qui che Greta sta cercando di piantare un germoglio di speranza, qui dove i governi e i governanti si mischiano al popolino bue, qui a metà strada tra il tutto che c'è e il niente che sarà, ecco perché ha quasi tutti contro.
Ecco chi è Greta, Greta da voce, forse l'ultima alla speranza alla voglia di crederci ancora, alla necessità di non arrendersi.
Non arrendersi.

Saluti