venerdì 28 settembre 2012

Certe voglie...

Un passo dopo l'altro,
un passo dopo l'altro,
non importa dove sei
diretto e non importa
se ci arriverai, quello
che conta veramente
sono le scarpe...
                                 Lorenzo Reschiglian

Gli anni passano e con loro la voglia di cambiare, di mettersi o rimettersi in gioco, forse è pigrizia, o forse no...

A me il mondo del lavoro è sempre stato un pò alieno, non certo perché mi mancasse la voglia di lavorare, tutt'altro se mai il problema verteva sulla mia visione del lavoro, visione che spesso, molo spesso non era condivisa dai colleghi e ogni tanto pure dalla dirigenza...
La colpa è mia...
Non sono uno che si "uniforma"...
Tutto comincia nella notte dei tempi, quando io imberbe ragazzetto decido di comprarmi la moto, decisione questa, presa con largo anticipo rispetto all'effettivo acquisto, ma si sà, mettere via qualche soldo era difficile anche allora...
Così decisi di cercarmi un lavoro, non ci misi molto, ma il problema non era certo trovarlo il lavoro, il problema era convincere mio papà a mandarmici a lavorare...
Già, perché lui da bravo comunistoide, non concepiva l'idea di lavorare in "nero", non capiva che era praticamente impossibile trovare qualcuno che ti assumesse così, su due piedi e senza la benché minima esperienza...
Io uscivo, trovavo dove andare, tornavo a casa a dirlo, lui diceva: Ti mette in regola? Rispondevo no, lui mi guardava con sguardo eloquente e io tornavo fuori a cercare...
Andò avanti per qualche settimana e per una buona dozzina di posti, cominciavo ad avere sentimenti contrastanti, da una parte la sconfortante idea che non avrei mai lavorato, dall'altra il sempre più pesante malessere derivante dall'ottusità di mio papà...
Prevalse la seconda, così un giorno quando tornai a casa con l'ennesima proposta, proposta ovviamente non in regola ma con ottime prospettive, di fronte all'ennesimo rifiuto paterno, dissi a papà:
Senti, possiamo andare avanti così per il resto dei nostri giorni, la realtà è che nessuno assume un ragazzetto senza esperienza e l'esperienza la si fa lavorando, questa proposta è buona, il lavoro è creativo e poco pericoloso, il titolare promette di mettermi in regola entro l'anno, se vado bene e imparo in fretta, io voglio lavorare e dare una mano in casa, tu hai ragione ma con le tue ragioni la moto non me la comprerò mai, fidati, cercherò di non deluderti...
Mi disse solo: Stai attento...
I suoi occhi luccicavano mentre parlava, un luccichio che solo molto tempo dopo compresi si trattasse di orgoglio...
Cominciai a lavorare, avevo quattordici anni e mezzo, il mondo mi sembrava bellissimo...

Anche se ero giovanissimo e ovviamente ero il più giovane in fabbrica, non soffrivo di timore reverenziale nei confronti degli "anziani", ero curioso volevo sapere tutti i perché e i percome di ogni cosa, sapevo diventare veramente asfissiante, ma sono stato sempre fortunato nel lavorare con gente comprensiva e disponibile, ma non erano tutte rose e fiori, il problema più grande, l'ho avuto praticamente da subito e non mi abbandonerà mai, io non ragionavo da "dipendente"...
Per me lavorare bene, raggiungere le produzioni, cercare il continuo miglioramento erano situazioni normali, non cercavo di migliorarmi per farmi bello al capo, cercavo di diventare più bravo perché piaceva a me, raggiungere e superare la produzione richiesta, non mi serviva per avere un aumento o sminuire un collega, io incrementavo la produzione perché mi faceva sentire bene...
Ma i colleghi questo non lo capivano, per loro ero il lecchino della situazione, quello che con il proprio operato metteva in cattiva luce tutti gli altri...
Cambiai più volte lavoro, ma inevitabilmente si riproponevano gli stessi problemi e le stesse "gelosie"...
Ecco il motivo per il quale alla fine decisi di diventare un "autonomo"...
Basta invidie, basta amare convivenze, basta problemi, lavoro io per me, se faccio bene sono bravo se faccio male è colpa mia...
Adesso, da qualche tempo in qua, le cose non vanno benissimo, le colpe sono divisibili, un pò c'è il mio innato bisogno di cambiamenti, quel non voler mettere radici troppo profonde, dall'altra, l'azienda per la quale lavoro sta gradualmente, con l'aumento delle quote di mercato e la conseguente crescita, snaturando il rapporto con i propri collaboratori, noi, io...
Quella informale famigliarità tipica delle aziende fatte dagli uomini, sta diventando il freddo numerico conteggio del dare/avere, delle grosse aziende...
Mi sento fuori luogo...
Così viaggio a testa ritta, osservando sia dove metto i piedi, sia l'orizzonte per carpire o percepire ogni singola proposta o opportunità...
Il vento del cambiamento comincia frullarmi tra le dita, non so quando si trasformerà in una bufera, ma sono pronto a cavalcare l'uragano...
Saluti

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