sabato 3 settembre 2011

No.

Per il dizionario: Negazione, rifiuto...
Sono due semplici lettere, no...
Pensateci un po, quante volte l'abbiamo detto, cento, mille?
E dopo quante di queste volte, ci siamo pentiti d'averlo detto?
Quanti no, ci si sono ritorti contro? A me personalmente tanti, troppi...
I peggiori, quelli che mi tormentano di più, li dissi nel periodo della malattia di mio papà, lasciando perdere i no gridati alla malattia stessa, come se negandola si potesse guarirla, sono quelli non pronunciati, quelli che nascondevo dietro i più svariati motivi, tutti volti a cercar di evitare la realtà, la realtà che da li a poco, mio papà non ci sarebbe stato più...
Mentre scrivo, ascolto musica, forse non è un caso, ma è iniziata "A gentleman's excuse me" di Fish, penso: Perfetta...
Solo per assonanza, ma io di "scuse" ne ho accampate a decine per non andar a trovarlo, se avessi saputo quanto mi sarebbe mancato, riuscissi a spiegare quanto mi manca, potessi tornare indietro, indietro oltre il male, e prima ancora, quando da ragazzo mi chiedeva: andiamo a funghi?.. No perché avevo da fare le mie stupidaggini e tornavo tardi a casa, e più indietro ancora, da bambino che voleva giocare con gli amici: no papà resto qui in cortile... Non mi giravo neanche a guardarlo mentre andava via, forse triste o deluso per quel rifiuto, forse... 
O forse no, i genitori capiscono...
Indietro...
Ancora di più, quando seduto sulle sue gambe, ridevo come un matto mentre guido la macchina... Li, una lunga interminabile risata in braccio a lui, al di la del tempo, della vita e del dolore...
Non si può...
Posso solo rimanere qua, con le sue foto in mano, quelle del mio matrimonio, le ultime dove lui è il mio papà, prima che la malattia lo consumasse, lo rendesse l'ombra dell'uomo che mi lasciava in cortile...
I genitori capiscono...
Ora il rimorso e il contraltare della rabbia, la rabbia che mi assaliva nel vederlo ammalato, nel "fare" l'ammalato, pensavo: Ma non ti vergogni? Stai lì a lamentarti? Quando finisce sta storia, ti arrangi io il prato non vengo più a tagliarlo, appena guarisci...
Però non succede, non vorrebbe, ma gira le spalle un'ultima volta, lasciandomi in un cortile pieno solo della sua mancanza, dell'eco di lontane gioie, nella sabbia di mille rimorsi che mi sporca le scarpe, scarpe che non cammineranno mai abbastanza per colmare la distanza tra la stupidità e l'amore non espresso...
I genitori capiscono...
So, che l'ha capito, sapeva quanto ero stupido, ma mi dispiace lo stesso, mi ricordo ogni singola volta che abbiamo discusso, ma non ricordo d'avergli mai detto, ti voglio bene...
Lui lo diceva spesso...
I genitori capiscono...
Ti voglio bene...
Adesso sta a me capire, da genitore devo capire...
I genitori capiscono...
Spero d'esserne capace...
Ti voglio bene.
Saluti.

1 commento:

  1. sei in gamba Lorenzo, sono la sorella di Mari e sono contenta di averti conosciuto.Continua cosi.

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