lunedì 5 settembre 2011

Solchi.

L'ultima in ordine di tempo, 20...
Mesi.
Pochi.
Troppo pochi.
Pochi per una vita.
Pochissimi per morire.
Ma è quello che è successo.
L'ennesimo piccolo martire immolato sull'altare dell'ignoranza.
Aveva 20 mesi la bambina morta, travolta da un treno nel Padovano, non discuto il lato tragico del fatto, ne quello doloroso che sarà appannaggio della famiglia... Credo...
Almeno così dovrebbe essere.
Ma guardando la notizia in tivù, mi è inevitabile pormi qualche domanda, ma com'è possibile? Com'è possibile "perdere di vista" una bimba tanto piccola?
Non riesco a concepire tanta leggerezza, va bene, è un'altra cultura, cultura nella quale sappiamo come sono "trattate" le donne, e un vecchio proverbio dice: a pensar male si fa peccato, ma raramente si sbaglia... Quindi io che sono un cinico impenitente mi chiedo: Sarebbe successo lo stesso se fosse stato un maschietto?
Ma c'è di peggio. 
Leggendo l'articolo mi sono arrabbiato, "i genitori verranno interrogati per escludere ogni loro responsabilità"...
Escludere ogni loro responsabilità...
Escludere ogni loro responsabilità??
Ma di chi cavolo deve essere la responsabilità? Del treno? Delle sbarre troppo alte? O dell'automazione del passaggio a livello? Certo, se ci fosse stato il casellante non sarebbe successo, ma per il fatto che la casa del casellante sarebbe stata abitata dal casellante stesso e non dai Marocchini!
Non sono un razzista, lo sapete bene, e non faccio il facile moralista, ne tanto meno il buonista, non ne ho bisogno, per me la colpa è dei genitori, chi doveva accudirla e curarla? Chi? La sorte? La fortuna che è notoriamente cieca?
I genitori, non è difficile fare il genitore, basta ricordarsi d'essere stati bambini...
Mio nonno Severino, è morto dopo mio papà, ed è grazie a lui che io conosco il dolore di un genitore che perde un figlio.
Qualche giorno prima che se ne andasse, ero da lui, l'enfisema polmonare lo aveva ridotto a letto, bloccato e praticamente inerme, ma con la stessa "fregatura" patita anche da mio papà, una mente, che fino all'ultimo è rimasta presente e sveglia, parlava e scherzava, come al suo solito, anche se perfettamente consapevole della sua "condizione", poi mi prese una mano, mi guardò e disse: Perché? Perché? Mi dispiace per tuo papà... In quel momento non era suo figlio, ma il mio papà... Aveva gli occhi pieni di dolore e lacrime, continuò: Perché non ha preso me? Tanto, così conciato a chi servivo? Gli risposi con la frase che ci eravamo detti, io e mia mamma, tempo prima nella camera ardente di mio padre: Nonno, sai com'era papà, lui doveva sempre controllare tutto, è andato per primo così si assicura che tutto sia pronto per quando arriveranno gli altri... Il nonno, trovò la forza di ridere, rideva mentre  grosse lacrime gli riempivano le rughe, ci salutammo, era un bel giovedì, fu l'ultima volta che lo vidi vivo.
Sono genitore.
Amo profondamente il mio piccolo terremoto, le sue grida, le risate, quelle esplosioni di vita quando ti si butta in braccio, il calore del suo corpicino che ti dorme addosso... Non posso farne a meno, e so per certo, che non sarei capace a vivere senza di lui.
No.
Saluti.

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